Archivio Storico 2011-2017

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AMI EXPO 2014

31 Gennaio 2014
Ritentate, magari sarete più fortunati
Anno 2014 dopo Cristo. Italia, un’Italia preda della crisi economica, dove solo pochi settori paiono non risentirne in maniera pesante; fiorisce il mercato del lusso, con Russi, Cinesi e Mediorientali che fanno incetta del made in Italy (oramai diventati i clienti ideali di ogni negozio) e il mercato del food che attrae e incuriosisce l’italiano di livello medio/alto; fioriscono le trasmissioni tv sull’argomento (che si portano dietro veri e propri canali tematici) e gli eventi a tema, a Roma come in tutto il paese, isole comprese.

Si aprono nuovi locali, il Gambero Rosso conia una nuova “succulenta” guida un giorno sì e l’altro pure, “street food” e “bio” si contendono il podio di “parola più pronunciata dai gastroesperti/fighetti di turno” e per ogni nuovo locale, ristorante, bakery o gelateria che apre, una nuova classifica dei migliori locali, ristoranti, bakery e gelaterie d’Italia vede la luce. Un’Italia che guarda al futuro in vista dell’EXPO 2015 a tema “nutrire il Pianeta” e che ogni giorno si sveglia sperando che sia il giorno giusto per rialzarsi dalla melma in cui si è impantanata da un decennio a questa parte.

E’ in mezzo a tutto questo fermento che cerca di collocarsi l’AMI EXPO, l’Esposizione dell’Alimentazione Mediterranea Internazionale alla sua prima edizione. Solo che non ci riesce.

“Prendiamoci gusto” doveva essere lo slogan della manifestazione. C’avrei preso volentieri gusto, se solo ci fosse stato del succulento materiale di cui cibarsi (anche nel senso vero del termine). Sono arrivata al Palazzo dei Congressi dell’EUR la mattina di Domenica, ultimo giorno dell’esposizione, con il desiderio di vedere, assaggiare, studiare, fotografare, recensire e la paura di essere inghiottita dalla folla tipica dei grandi eventi food che caratterizzano la capitale (leggi Taste of Roma).

Sono stata effettivamente risucchiata. Dal vuoto cosmico.

Non arrivavano alla decina gli stand ben allestiti e completi di prodotti, materiale pubblicitario e personale preparato. Ne cito comunque alcuni, veramente interessanti: I formaggi della tenuta La Parrina di Orbetello, dove tra tutti spiccava l’erborinato di pecora a nome Guttus, menzione speciale al Cheese of the year del 2012 (di cui il mio frigo conserva ora gelosamente tre etti), il Pesto di Prà con il suo profumatissimo basilico, che viene coltivato in serre vicine al mare, e tutto il sapore aromatico e il colore sgargiante del pesto fatto in casa.

Posso citare poi l’azienda agricola Janas, che produce pasta artigianale trafilata al bronzo con grano Senatore Cappelli macinato a pietra o l’Affumicheria artigianale Sapor Maris di Ladispoli, che affumica a freddo con legno di quercia non solo pregiata ventresca di salmone, tonno e spada, ma anche pesci tipici del territorio laziale come le anguille di Bracciano, le palamite, pesci serra e cefali ma quasi mi fermo, perché qui finisce l’AMI EXPO e qui si infrangono le promesse fatte nei tanti comunicati stampa che mi sono arrivati. Com’è che si dice in certe circostanze? Le chiacchiere stanno a zero, qui contavano i fatti, e i fatti non ci son stati.

C’erano stand vuoti, stand abbandonati o spazi mai allestiti. C’erano espositori delusi, frustrati alcuni annoiati; so bene cosa voglia dire partecipare attivamente ad una fiera che parte perdente alla sua prima edizione. Quasi in un’altra vita son stata espositrice alla prima deludente edizione di “Cuccioli e Campagna” nella ricca periferia a Nord di Roma e ad un’edizione mai pubblicizzata dagli organizzatori di “Borgo Parioli” svoltasi nel quartiere omonimo. So cosa si prova a spendere dei soldi per uno stand e non vedere arrivare la giusta quantità di visitatori che possano quantomeno ripagarti dell’investimento iniziale e comprendo il tono amareggiato dell’espositrice a cui, appena entrata, ho chiesto “ma, è tutto qui?”

Come siano riusciti a non creare un evento food degno di essere recensito non m’è dato saperlo.
Un plauso ai pochi stand che veramente valevano la pena di essere visitati, un messaggio nella bottiglia da lanciare invece a tutti i grandi nomi dell’alimentazione italiana che mancavano all’appello e la cui assenza si percepiva palesemente, sperando che la seconda edizione, semmai una seconda edizione ci sarà, abbia un costo più accessibile (da 12€ annunciati, il biglietto per i non addetti ai lavori è passato a 10, una cifra alta e a mio parere inspiegabile) e una più felice collocazione nel panorama degli eventi food della patria dei sapori mediterranei.
primi sui motori con e-max.it
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