Ci siamo. Arriva Halloween, la 'notte delle streghe' tanto popolare oltreoceano, e si scatenano le polemiche. E' una festa importata e coloniale, non la vogliamo perché siamo cristiani, si legge sui siti tradizionalisti. I neopagani invece esultano: finalmente recuperiamo la spiritualità autentica dei nostri avi. A noi, lo diciamo subito, queste diatribe interessano poco. Ma da studiosi della storia e delle radici culturali della nostra civiltà su una cosa siamo sicuramente d'accordo: Halloween così come la vediamo è solo una festa consumistica. Non ha nulla a che vedere con lo spirito originario di una ricorrenza che in realtà ci appartiene eccome. Se non altro perché era celebrata millenni fa anche nelle nostre zone. Anzi l'abbiamo inventata noi.
Era una delle quattro feste che segnavano il calendario dei Celti: si chiamava Samonios (sul continente) e Samhain (nelle isole britanniche: si pronuncia sàuin), e segnava, tra la fine di ottobre e i primi giorni di novembre, l'inizio del nuovo anno. Le altre tre erano Imbolc (inizio di febbraio), Beltaine (inizio di maggio), Lugnasad (inizio di agosto). Tutte avevano forte valore simbolico perché quella celtica era una civiltà basata sui ritmi ciclici della natura, da sempre uguali e immutabili.
Beltaine e Samonios erano decisive per gli allevatori: la prima era il momento propizio per portare le mandrie al pascolo, la seconda indicava che era tempo di rinchiuderle nei recinti in vista dell'inverno. A Samonios il protagonista era il fuoco, elemento purificatore per eccellenza: non solo come dispensatore di luce e di calore, ma anche perché catalizzatore di energie positive. I falò sacri dovevano estendere la loro influenza benefica nell'arco di tutto l'anno, quindi erano accompagnati da canti festosi e rituali divinatori. In questi giorni particolari si apriva inoltre un 'cancello' per comunicare col soprannaturale: i Celti pensavano che agli spiriti fosse consono l'inverno, per cui Samonios diventava il momento più propizio per stabilire un contatto con l'aldilà. La festa iniziava al tramonto: col buio folletti e fate erano liberi di girovagare, gli spiriti tornavano alle loro vecchie abitazioni per scaldarsi e rifocillarsi in vista del lungo inverno. Riti propiziatori per il nuovo anno, pratiche magiche e culto dei morti dunque si fondevano insieme in una ricorrenza che non aveva nulla né di malinconico, né lugubre: quella di Samonios era anzi la notte più lunga e gioiosa dell'anno. Una festa di pace e di amicizia.
Tra gli usi più diffusi c'era quello di intagliare zucche a mo' di teschio e usarle come segnacoli. Il motivo è chiaro: i Celti ritenevano la testa la parte del corpo dotata di maggiori poteri, a cominciare dalla forza fisica e dal valore. Per questo usavano decapitare ritualmente i nemici vinti – come del resto notavano già Cesare e Diodoro - conservandone i crani in segno di trionfo, mentre i corpi venivano esposti nei santuari. Pilastri di pietra con spazi per esporre teschi sono stati ritrovati, in Francia, a Entremont e a Roquepertuse, e non si contano le stele che presentano scolpite teste umane. Quando la Chiesa, a partire dal IV secolo procedette alla cristianizzazione, incapace di sconfiggere del tutto le celebrazioni pagane percorse la strada del sincretismo e le rivestì di significati nuovi. Samonios fu scissa in due: il primo di novembre diventò la festa di Ognissanti, il giorno successivo la celebrazione dei defunti. Ognissanti fu introdotta per la prima volta sul finire dell'VIII secolo dai Franchi su consiglio di Alcuino di York, biografo e consigliere di Carlo Magno, ed estesa a tutto il regno sotto Ludovico il Pio. Fu resa poi obbligatoria in tutta la cristianità occidentale da papa Sisto IV nel 1475. La commemorazione dei defunti fu invece introdotta nei monasteri benedettini da Odilone, abate di Cluny dal 994 al 1049, e adottata ufficialmente dalla liturgia romana nel Trecento con il nome altisonante di Anniversarium omnium animarum.
Ma laddove l'identità celtica si è mantenuta viva, Samonios è stata celebrata quasi senza soluzione di continuità con tutti i suoi simboli fino ad oggi. Così in Scozia, dove si accendono fuochi (detti 'samhnagan'), in Galles, sull'Isola di Man, in Bretagna e in Irlanda. Negli Usa è stata portata dai milioni di irlandesi che dalla metà dell'Ottocento in poi migrarono oltreoceano per scampare alla terribile carestia che stava falcidiando la loro isola. Ma la pratica di intagliare zucche a forma di teschio per poi riempirle con candele ed esporle a guardia di finestre e porte era diffusa capillarmente in tutta l'area padana e in parte del centro Italia. In Lombardia, ad esempio, si chiamavano lümere. E nelle case di tutto l'arco alpino almeno fino agli anni Cinquanta si era soliti, in quella magica notte, attendere l'arrivo dei defunti intorno ad un lauto banchetto. Tracce di quest'usanza erano presenti anche nella cultura contadina della Toscana dove fino a pochi decenni fa, nel cosiddetto gioco dello zozzo che si faceva tra settembre e novembre, si svuotava una zucca, intagliandovi occhi, naso e bocca e inserendo all'interno una candela accesa. La zucca era poi posta sotto il portico di casa come 'segnacolo'. Analoga tradizione si riscontra anche nel Lazio settentrionale - e la zucca era chiamata, significativamente, la Morte - e in Liguria, ad esempio a Riomaggiore nelle Cinque Terre.
Lo ammetto. Gli scaffali dei supermercati stracolmi di zucche a forma di teschio, maschere da fantasmi e cappelli da strega mi mettono un po' di tristezza: sembra proprio che di Samonios prevalga solo il volto più sempliciotto e commerciale. Le domande sono: come mi maschero per l''Halloween Party'? E' più buona la ricetta del 'Cimitero arancione' (a base di polpa di zucca, zucchero, latte, vaniglia, amaretti e Maraschino) o quella delle 'Ossa di scheletro' (petto di pollo, zucca, verza, aceto balsamico, sale e pepe)? Senza contare le offerte delle 'beauty farm' che propongono massaggi rilassanti a base di crema di zucca. La festa costa caro: secondo una stima della Federconsumatori Lazio, a Roma per un costume si spendono anche 120 euro, trucco e parrucco esclusi; per un cestino (piccolo!) di cioccolatini 43 euro, per zucche di pasta di mandorle al cioccolato non meno di 13, per singoli bon bon si parte da 4 e si arriva a 6. Coi prezzi delle zucche che si gonfiano fino ad aumentare del 10, del 25 o addirittura del 50%. Così qualche anno fa, quest'anno forse un po' meno. Ma la sostanza non cambia.
Banalizzata dal consumismo e snaturata dalla globalizzazione, l'antica Samonios dei nostri antenati sembra proprio degradata a una sottospecie di mascherata. Come scrisse il filosofo Abraham Joshua Heschel, 'occorre una particolare intelligenza per scoprire il significato ultimo del tempo. Noi lo viviamo e ci identifichiamo in esso tanto da non riuscire ad accorgercene. Il mondo dello spazio, che circonda la nostra esistenza, non è se non una parte del nostro vivere: il resto è tempo. Le cose sono le sponde, ma il viaggio si svolge nel tempo'. Sta a noi, oggi, andare al vero significato delle cose, squarciando il velo e andando oltre le apparenze. Solo così si può sperare di conoscerle davvero.
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