Incuriosisce il fatto che la pizza migliore di Lombardia, a detta di molti, si mangi a pochi passi da quel luogo dove Bonvesin compose, con ogni probabilità, le sue Cinquanta cortesie da desco ('De quinquaginta curialitatibus ad mensam'), il primo galateo europeo della forchetta. Una terra, quella di Legnano, evidentemente destinata ai profeti del buon gusto: Bruno De Rosa non poteva trovare posizione migliore per diffondere la sua arte antica. A tesserne le lodi, del resto, sono in molti: solo per citare alcuni illustri che sono ne rimasti incantati, il carnet si esalta con le firme di Paolo Marchi, Paolo Massobrio, Alberto Cauzzi, Vittorio Da Rold per i tipi del Sole XXIV ORE, Luciano Pignataro e ancora con le pagine del Gambero Rosso e della Cucina Italiana, senza contare i numerosi blogger che si susseguono nei pellegrinaggi e nelle relative recensioni.
Devo dire la verità: io da Bruno sono capitata senza aver letto preventivamente nessuna recensione. Anche se non posso dire per puro caso, perché la sua pizzeria si trova di fronte all'ospedale vecchio di Legnano, dove lavora mio marito, che ha pensato bene di portarmici un bel giorno di diversi anni fa, per festeggiare una notizia importante – e da allora le future nascite le vado ad annunciare sempre in primis a Bruno. Per me non c'è eguale nel campo della pizza: ci vado di rado ma ogni volta so che c'è sempre una novità da assaporare.
Agli esordi di agosto – proprio gli ultimi giorni prima che chiudesse per le sospirate ferie – capitavo al Tric Trac, reduce da un'afosissima mattinata lavorativa trascorsa nel capoluogo. L'unico conforto sarebbe stato, in quelle condizioni, fermarsi sulla vita del ritorno a pranzare da Bruno. Il locale, senza esterni, non fosse per il rosso cardinale delle pareti, sarebbe piuttosto anonimo ('perché le pizze devono parlare da sole', sottolinea Bruno). Come sempre, una volta seduti non scegliamo noi ma ci affidiamo all'estro del nostro ospite: dopo una decina di minuti, a sorpresa, eccoci arrivare due pizze fumanti, una in bianco e una apparentemente classica, notevoli già dall'aspetto. Mi colpisce in particolare quella che – disdetta! - non capita a me: la 'limoncella', dall'intrigante pasta al limone, che replica l'accento agrumato sulla superficie bianca profumata di olio al basilico e gentili scaglie di scorza di limone amalfitano; la farcitura è un felicissimo connubio di deliziosi gamberi e di falde di San Marzano, generosamente esaltati dal pepe nero. Per contrasto, la mia pizza è pensata ai quattro pomodori, gialli, verdi e rossi confit più i san Marzano, separati da un equilibrato incrocio di pasta. Poggia su una fragrante base ai cereali ed è impreziosita da alici del Mar Cantabrico che, sposandosi con la fior di latte, creano un accordo divino.
Bruno De Rosa è un autentico mago degli impasti. Colpiscono in particolare la leggerezza e la preziosità delle sue alchimie, che fermentano una dopo l'altra dalla fantasia allenata di chi si è fatto le ossa sul campo. Classe 1955, è originario di Tramonti, località sulla costiera Amalfitana nota come il paese dei pizzaioli: proprio da qui venne esportata l'antica arte della pizza in tutta Italia. Trasferitasi la numerosa famiglia (sette fratelli in tutto) a Trieste, il padre, agricoltore, si piccò di dare a tutti i suoi figli un mestiere solido ('voleva farci diventare tutti imprenditori', racconta Bruno). Il fratello è il primo in famiglia ad aprire negli anni sessanta una pizzeria: Bruno impara la professione da lui, ma l'arte di impastare ce l'ha nel sangue, appresa direttamente dalla madre. La pizza, del resto, nasce nelle case coloniche, come variante del pane, cotta nei forni privati ed impastata dalle madri di famiglia e con gli ingredienti più genuini. 'La farina che usavano le nostre madri era un miscuglio di grano, farro e mais ed è per questo che gioco con tutti questi ingredienti', mi spiega Bruno: a Tramonti da sempre si coltiva il farro, quel grano antico che oggi è prepotentemente tornato di moda ma che lì è sempre stato il cereale per eccellenza (non per niente il termine 'farina' deriva proprio da farro).
La creatività, De Rosa, la attinge da ricordi di famiglia o da ricerche personali nell'alveo della tradizione tramontina, come nel caso dell'impasto antico al finocchietto, semplice e straordinario ad un tempo, o quelli al grano saraceno, al mais ottofile, ai diversi cereali, al kamut – il progenitore del grano in assoluto più antico. Ma la creatività di Bruno vola alto, e così spiccano fra le proposte del variegato menu l'impasto allo zafferano, quello al basilico che dà vita alla napoletana verace e alla caprese, quello – fantastico - al peperoncino e origano; e, ancora, l'impasto ai sette cereali, che sostiene la pizza ai friarelli; quello delizioso alle noci, per cui ci sono da provare la cacio e pepe, l'antica Napoli, la pizza al gorgonzola. Ma già il cosiddetto impasto tradizionale, con farina macinata in pietra e germe di grano, a lunga lievitazione (anche a lunghissima, su prenotazione), è poesia pura: e la lievitazione è il suo vero, inconfidabile segreto, ammette Bruno, che non si cimenta nelle pizze per celiaci, perché è diffidente nei confronti degli impasti senza glutine.
Sono pizze, le sue, alveolatissime, leggere e croccanti al tempo stesso, che attirano i cultori della materia da tutt'Italia: pizzaioli anche esperti che spesso, persino in incognito, dopo aver studiato le innumerevoli recensioni, si precipitano ad assaggiarle per tentare di carpirne il segreto.
Anche la scelta degli ingredienti di 'copertura' o farcitura, è dettata da una grande maestria. Tutti prodotti italiani al 100%, dalla fiordilatte ai San Marzano, all'origano di montagna ai pomodori passiti ai peperoncini tondi farciti in casa, solo per fare qualche esempio; se poi si chiede a Bruno come condisca le sue pizze, la risposta è che un solo olio può esaltare i suoi lavori, e questo è l'olio extravergine I tre cenobi, un notevole siciliano fruttato.
Amalfitani ritornano invece i numerosi dolci proposti a fine pasto: dal notevole carrello di Salvatore de Riso, il famoso pasticcere della costiera amalfitana amico personale di De Rosa, io solitamente scelgo di tutto, ma ho un debole per le sue indicibili melanzane al cioccolato. C'è poi anche una serie di dolci di produzione propria, fra cui spiccano, per ovvie ragioni, la pastiera napoletana e uno strepitoso babà al rum che dà, se così possiamo dire, il giusto colpo di grazia. A conclusione, specie in inverno, non ci si può esimere dal caffè di nocciole di Giffoni, tipicità amalfitana, uno di quei surrogati della più nota bevanda che un tempo si servivano in carestia di arabica: servito, neanche a dirlo, alla temperatura di fusione dell'atomo, eppure piacevolissimo.
Alla cassa niente paura: il massimo che vi possa capitare di spendere, considerando solamente la pizza – ché non potrete comunque esservi astenuti dal berci sopra una birra o un vino di carattere - è 13 euro se vi siete deliziati con un impasto alle noci, 7 per un'antica pizza madre o un'antica margherita verace, comunque estremamente meritevoli; per l'impasto al finocchietto, il prezzo di una pizza non sfora gli 8 euro e cinquanta. Se poi a settembre, alla riapertura, volete provare l'ebbrezza di una nuova pizza ad impasto naturale che, da dietro le quinte, già si vocifera sia favolosa (e così infatti è stata prontamente ribattezzata), a base di kamut, pinoli, noci, parmigiano e, udite udite, uva... andate sulla fiducia. Tra l'altro si narra anche – provare per credere! - che le sue pizze siano afrodisiache...
RISTORANTE PIZZERIA MONTEGRIGNA
Via Grigna, 10/12
20025 – Legnano (MI)
tel. 0331.546173
Chiuso il lunedì e nel mese di agosto
Prezzo medio
x5
Bruno De Rosa, il poeta della pizza
Il Tric Trac di Legnano, fucina di una delle pizze migliori d'Italia
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Cavolo che pranzo