Archivio Storico 2011-2017

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Una giornata nella campagna pisana…

14 Ottobre 2013
Tappa obbligata: il Varrone!
Non c’è due senza tre, dicono.
Ed infatti, quando mi si è presentata l’occasione di una “missione” nelle campagne attorno a Pisa, la parola “Varrone” mi si è accesa nella testa come una lampadina, assieme all’idea di un bel pezzo su “Cavolo che Pranzo!”.

Per prima cosa decido di avvisare della visita e delle mie intenzioni.
Non riuscendo a rintracciare Massimo via telefono, occupatissimo come sempre a dividersi tra Lucca e Pisa per tenere d’occhio entrambi i locali, metto al corrente Giuseppe, il direttore di sala, del giorno e dell’orario in cui conto di arrivare.
Lui, gentilissimo, mi conferma che provvederà ad informare Massimo.
Detto fatto, reclutata come sempre Selena che, sapendo la destinazione, ha accettato volentieri di affiancarmi in questa giornata, giungo nuovamente a Marina di Pisa, ritrovando a poche curve dall’uscita dell’autostrada la familiare cascina che ospita il locale.
Lì, dopo pochi minuti e già seduta al tavolo, ho la prima gradita sorpresa.
Trafelato come se fosse arrivata la Rai, arriva Massimo in diretta da Lucca e ci viene a salutare con un gran sorriso.
Gentile ed affabile come sempre, ci fa davvero capire di essere contento di averci lì al locale.
Mentre lui si allontana per seguire l’andirivieni di clienti, cuochi e camerieri, io e Selena facciamo la nostra ordinazione.

Il menù è ovviamente all’insegna della più sfegatata passione per la carne, con il Black Angus come protagonista assoluto, assieme a piatti dai nomi intriganti come il tris di carni esotiche tra cui compare anche il bisonte americano.
La scelta di carni è tanto ampia da far girare la testa, ma tra i tanti nomi internazionali, soprattutto americani, fanno capolino il nostrano patanegra e le uova di Parisi, giusto per ricordarci che nonostante l’aria indiscutibilmente “estera” siamo pur sempre in Italia.
La carne alla griglia, proposta nelle più disparate versioni, si alterna alle tartare, agli hamburger semplici od elaborati, alle tagliate ed ai piatti unici dove comunque rimane indiscussa protagonista.
I prezzi sono indubbiamente sorprendenti, veramente alla portata di tutti, nonostante la prima impressione sia quella di un ristorante decisamente “vip”.

Menù da 12 e da 14 euro, comprensivi di primo, secondo e contorni vari, oltre che di vino e caffè, rendono il locale più accessibile ed informale di quanto ci si potrebbe aspettare ad una prima occhiata.
Selena, trendy come sempre, si fa conquistare dalla tagliata di Black Angus con contorno di purè di radicchio e rucola e tortino di riso basmati.

Io, antica come mio solito, mi lascio tentare dalle linguine con pesto di zucchine e speck, tanto per “preparare il palato” a qualcosa di più aggressivo.
Prime ad arrivare, le linguine, delicatissime e calde al punto giusto, con un’armonia di sapori che riescono a dare personalità anche a questo piatto apparentemente così tradizionale.

E’ poi la volta delle carni, ed io decido per il roastbeef di Black Angus, per non buttarmi troppo sull’esotico.
Prima di attaccare con le mandibole, Selena si dà da fare con la macchina fotografica.
I piatti sono assai coreografici, con le carni ed i condimenti che spiccano sul fondo scuro della ceramica, e con un equilibrio di colori e porzioni che li fa assomigliare ai quadri dei migliori esponenti dell’arte moderna.
Come facciamo fin da quando eravamo bambine, io e Selena pilucchiamo una dal piatto dell’altra per scambiarci impressioni.

Il roastbeef è delizioso e si fonde sulla lingua, con i carciofi viola di contorno dal sapore deciso che ne controbilanciano in maniera sublime il gusto carezzevole.
La tagliata, per contro, è una perfetta equivalenza tra il gusto sferzante della carne abbrustolita all’esterno e quello soffice e burroso della polpa quasi cruda all’interno.
Le porzioni sono abbondanti senza per questo diventare pesanti, e mentre mangiamo colgo l’occasione per osservare un po’ meglio il locale, che alla mia visita precedente era troppo affollato per essere studiato bene nei dettagli.

Ritrovo l’arredamento essenziale e moderno che avevo notato all’inaugurazione, che contrasta splendidamente con il carattere rustico che la cascina, comunque, continua a trasudare.
Tuttavia, il mio occhio riesce a cogliere meglio le proporzioni, che si rivelano sorprendentemente equilibrate.
Il locale riesce ad essere spazioso pur essendo affollato e, nei momenti in cui temporaneamente si svuota, riesce ad essere arioso senza per questo apparire spoglio, il tutto sempre con un ordine ed una pulizia impeccabili.
La grande griglia a vista e la vetrina delle carni confermano l’elevatissima qualità delle preparazioni, mentre l’odore della carne alla griglia è un sottofondo costante ma non invadente che culla i sensi senza per questo coprire i sapori.
Il servizio è veloce, quasi frenetico in realtà, conto un piatto al minuto, ma nonostante la rapidità con cui le portate volano dalla cucina ai tavoli non riesco a cogliere un’espressione che non sia di gentilezza, allegria e disponibilità.
Il personale è giovane e dinamico, dalle cameriere ai cuochi, e si pone nei confronti della clientela con cortesia e professionalità ma soprattutto con il sorriso sulle labbra, qualità da non sottovalutare in tempi in cui aprire un nuovo locale è un’avventura dall’esito imprevedibile.

Finita la carne, mi lascio andare ad un ultimo peccato di gola ed ordino il famoso purè di patate affumicate, di cui il popolo di internet decanta meraviglie.
Effettivamente, la realtà supera quasi le aspettative.
Servito in un pentolino di rame dal gusto retrò, il purè “Made in Varrone” è un concerto di sapori che si alternano danzando tra la lingua e il palato, in cui l’aroma dell’affumicato, stemperato dalla dolcezza delle patate, sfuma in una soffice nota finale che ricorda i sapori delle antiche ricette contadine.
Mentre aspettiamo il caffè, arriva una seconda sorpresa.
Roberto Farnesi, socio del locale, che avevamo conosciuto all’inaugurazione, arriva all’improvviso e ci viene a salutare, raggiunto da Massimo nel giro di pochi minuti.
Una piccola intervista è d’obbligo a questo punto, no?

D) Allora Massimo, come va il locale?

R) (ride) Devo dire che nel periodo in cui siamo non ci possiamo proprio lamentare.
Rispetto all’anno passato abbiamo incrementato le presenze del 60/65 %, e continuiamo a salire.
Fortunatamente, il tipo di piatti in cui siamo specializzati suscita curiosità, la vicinanza con molte realtà di tipo industriale crea un certo movimento, e il passaparola, soprattutto su internet, aiuta a farci conoscere.
Possiamo ritenerci molto soddisfatti.

D) I progetti per il futuro?

R) Guarda, qui siamo circondati da progetti!

D) In che senso?

R) (ride ancora) Nel senso che presto qua attorno, in tutta l’area circostante, nasceranno moltissime altre realtà commerciali. L’Ikea, alcuni grandi ipermercati, insomma strutture che fanno muovere una gran quantità di persone, non solo come clientela ma anche a livello di posti di lavoro.
La speranza è che questo attiri nuovi clienti, anche in settori di “nicchia”.

D) E nell’immediato?

R) Come avrai notato stiamo allargando la parte esterna del locale, ma nell’immediato speriamo solo di continuare così, perché finora le soddisfazioni sono state veramente tante.

Il tempo vola sempre, quando veniamo al Varrone.
Quattro chiacchiere con Roberto, che ci chiede notizie della rivista e ci racconta di alcuni suoi progetti di lavoro, ancora un saluto con Massimo, che si divide con l’immancabile sorriso tra noi e i clienti, una foto veloce noi tre insieme ed è già ora di andare via.

Prima di salire in macchina, come mia abitudine quando sono in un posto dove non ricapiterò molto presto, lancio allo spazio attorno un ultimo sguardo.
La posizione strategica, la location suggestiva, l’originalità del menù, l’eccezionale rapporto qualità/prezzo dei suoi piatti ma soprattutto l’elevatissimo livello del servizio, giustificherebbero già il suo crescente successo.
Ma c’è qualcosa di più.

Il Varrone è una scommessa, la prima pietra di un grande progetto di sviluppo che, in tempi come questi, apre il cuore alla speranza che ci sia veramente il modo per ripartire.
Attorno a lui, si apre uno scenario immenso di possibilità che imprimono nuova linfa vitale ad un’economia che forse ha sonnecchiato un po’ troppo, ma che non ha mai avuto intenzione di arrendersi.
Il Varrone è una sfida, ma è soprattutto il simbolo di un’epoca che se anche ci ha messo un po’ ad incominciare, non si è piegata di fronte al timore della sconfitta.
E con il sapore del purè di patate affumicate che ancora mi aleggia nella memoria, assieme al profumo delle sue carni che ci accompagna fino in fondo alla strada, mi dico che questo ristorante non solo lo consiglierò a tutti, ma sicuramente lo ricorderò spesso, e farò in modo di tornarci presto.
Grazie Massimo. Grazie Roberto.
Grazie, Varrone.

Foto di Selena Pisaroni.

Per informazioni:
La Griglia di Varrone – Pisa
Tel. 050/503744
Via delle Colombaie 1 – Pisa
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www.lagrigliadivarrone.it
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