Ancora non riesco a ricordare in che occasione sono venuta a conoscenza dell’apertura del “Dolce” ennesimo ristorante glamour della capitale, inaugurato a fine 2011 con una sfilata di V.I.P. nostrani venuti a mangiare aggratis (come si dice a Roma) in cambio di qualche foto che lanci il locale.
La voglia di provarlo me l’han fatta venire le foto trovate in rete (dei piatti eh, non certo quelle dei V.I.P.) ma, dopo aver chiesto pareri ai miei contatti e followers ho scoperto che, in fin dei conti, non valeva la pena di assaggiare un pasto completo; a detta dei più il “Dolce” stupisce con la presentazione delle pietanze ma poi delude, eccezion fatta per i dolci!
Fatto è che oramai la curiosità c’era e così in un caldo pomeriggio estivo ho trascinato un’amica a far merenda qui, perché volevo provare e constatare con mano (anzi con il palato) se quel che mi avevano detto fosse vero, se questi dolci valessero il viaggio fino a Via Tripolitania, nel quartiere Africano dove ha sede il ristorante.
Arrivate puntuali per l’apertura delle 18:00 (così come segnalato sulla pagina Facebook del locale) c’ha subito colpito la bellezza del ristorante, con il suo dehors arredato in stile vintage/shabby e c’ha colpito anche il cameriere che, intento a spolverare la ringhiera, ha detto che in realtà il posto apriva alle 18.30.
Ci siamo dovute intrattenere passeggiando avanti e indietro per Via Tripolitania per una buona mezzoretta, sotto il sole cocente di Agosto, senza nemmeno la possibilità di entrare in un negozio che avesse un senso per delle under 70. Passata così la mezz’ora siamo entrare e ci hanno fatte accomodare nell’ingresso, anch’esso arredato in maniera deliziosa, con tre salottini composti da pezzi vintage, dove lo stile liberty si alterna allo shabby, cura dei minimi particolari a partire dai cuscini, per passare ai tavolini e finire sull’apparecchiatura degli stessi e alla scala d’effetto, sempre in stile liberty, che porta al piano superiore soppalcato, vera e propria sede del ristorante.
Di fronte a noi la cucina della pasticceria a vista, dove gli chef (primo fra tutti Alessandro Capotosti) erano intenti a preparare dolci su dolci, in vista della cena.
Il locale era vuoto solo grazie al fatto di essere ad Agosto, la gentilissima cameriera che c’ha servito ha spiegato che qui, solitamente, non si è così fortunati da entrare ed essere subito serviti anche perché non si accettano prenotazioni per i pomeriggi ma solo per la cena, e non è raro quindi trovarsi a fare la fila fuori in attesa che si liberi un posto. Quello che io ho chiamato fino ad ora “ristorante” è infatti molto di più; è anche sala da tè, biscottificio, pasticceria e pizzeria oltre ad essere un locale piacevolissimo dove trascorrere del tempo in compagnia.
Devo ammettere che i dolci sono unici, non a caso danno il nome al locale e non a caso quando si viene per cenare è la prima cosa che bisogna ordinare: molti di questi sono espressi e quindi richiedono del tempo pratico per la preparazione e la cottura prima di poter essere serviti. I cheese cake la fanno da padrone e si meritano la pagina a parte che gli è dedicata nel menu, disponibili in due diverse tipologie, con il ripieno crudo oppure cotto, sono in ogni caso giganteschi (chi venisse per cenare è avvertito) e decorati con frutta panna e cialde a mò di vere opere d’arte; decisamente più nella norma le porzioni delle crostatine (preparate espresse e servite ancora calde) o l’apple pie crumble con gelato alla crema.
Altra particolarità del locale sono i dolci fai da te, che vanno per la maggiore, un’idea uscita dal cappello del pasticcere per far divertire gli avventori e farsi ricordare: qui è possibile chiedere il tiramisù e vedersi recapitare una moka da uno appena preparata, dei savoiardi fatti in casa, del cacao in polvere e un bricchetto pieno di soda crema al mascarpone. A mio parere mettere della crema – per quanto soda sia – su di un savoiardo – per quanto artigianale sia – che è stato appena bagnato con caffè caldo equivale ad ottenere un tiramisù sfranto e affranto per una simile preparazione ma di sicuro la cosa piace agli eretici avventori tanto da essere una delle chicche del locale. Sorte migliore attende i profiteroles fai da te, dove si risparmia al cliente di riempirsi da solo i bignè con la crema chantilly e gli si fornisce, come improvvisati attrezzi del mestiere, solamente panna montata e cioccolato fondente per completare la copertura del dolce.
Degni di nota i succhi di frutta (come quello alla pesca bianca) della rinomata Van Nahmen che produce succhi naturali senza zuccheri, conservanti, coloranti e via dicendo e che, al primo sorso, mi hanno ricordato quelli preparati in casa da mia nonna; ottimi anche i tè freddi, questi ultimi fatti in casa con vero succo di limone spremuto e tè in infusione (e la differenza si sente al primo assaggio).
Ma non sono solo i dolci, o il tè o i biscotti ad essere fatti in casa, qui da Dolce anche le semplici salse come il ketchup e la maionese sono home made e di questa caratteristica ne vanno giustamente fieri. A questo punto, anche grazie ai racconti della gentilissima cameriera di cui sopra, la curiosità di assaggiare una pizza o uno dei loro piatti unici (che qui vanno per la maggiore) non credo sia venuta solo a me. E non sono bastati certo i biscotti acquistati per la colazione del mattino seguente a dissuadermi. Si perché se è vero che qui c’è il “Dolce Morning” un servizio per cui solo durante la cena del venerdì o del sabato si può ordinare la colazione da portar via per il giorno dopo, è anche vero che i biscotti esposti sul bancone posto a lato del nostro salottino ci tentavano prima per il loro aspetto e poi anche per il loro sapore, soprattutto quando la “gentilissima e tre” cameriera ce ne ha fatto assaggiare due di straforo e così ci siamo buttate e ne abbiamo fatto scorta.
Io, con la scusa del “devo tastare con mano quello su cui scrivo” ne ho voluto acquistare uno per ogni tipologia e di seguito potete leggere una breve lista delle mie impressioni assaggio dopo assaggio.
Zenzero e limone: buono, se non fosse per il burro che affievolisce di molto il sapore degli altri ingredienti.
Noce e pepe nero: burro, burro, burro, poi noce e…pepe nero dite? Ah si, ma davvero? Perché sapete, io ho sentito prima fra tutto il sapore del burro.
Doppio malto: idem come sopra.
Nocciola Arancia e Grand Marnier: purtroppo mi devo ripetere, idem con patate.
Grappa e uva passa: incredibilmente mi devo ancora ripetere e inizio a sperare che negli impasti sia stato usato veramente del burro e non innominabili grassi vegetali solidificati detti volgarmente “margarine vegetali”
Cannella: profumato ma saporitamente burroso (non se ne esce) e come tutti gli altri sopra difficili da tagliare senza vederseli sbriciolare davanti. Uno sconforto.
Cookies: un salto in avanti, incredibile come i biscotti burrosi per antonomasia siano risultati i migliori, con una frolla croccante e le gocce di cioccolato che l’arricchivano. Da provare.
Doppio Cioccolato: un biscotto riuscito, con una punta di sale che ti spiazza e ben si sposa con il sapore forte e aromatico del cioccolato
Nota a parte per i Macarons. Capotosti si sa, è un allievo di Stephan Betmon, oggi chef pasticcere di Caffè Propaganda, sempre in quel di Roma, locale che ricorda per molti versi, anche per l’immagine aziendale del sito, dei menu e via dicendo, l’atmosfera di Dolce, da cui ha ovviamente imparato a creare le delizie francesi. Li ho acquistati tutti, da quello al cocco a quello al cioccolato passando per il pistacchio per finire sul macaron che a mio parere è il migliore e cioè quello al lampone; posso dirvi che sono buoni, anche se io non sono una patita di macarons (o forse, semplicemente, non ho ancora trovato il macaron che potesse rapire il mio cuore).
Esprimo dei giudizi contrastanti su questo locale che mi fa discutere per le sue idiosincrasie, come se fossero più locali differenti in uno; non basta una giornata per dare un parere definitivo all’esperienza e quindi tornerò per sperimentare ancora, perché questo Dolce mi ha incuriosita più di quanto si pensi, biscottini burrosi a parte.
Post Scriptum A tutt’oggi l’orario di apertura del locale, così come indicato sulla pagina Facebook, è ancora errato. Nonostante io l’abbia sollecitamente riferito appena arrivata, e nonostante abbia ricevuto in cambio rassicurazioni in merito alla pronta modifica della pagina stessa. Credo che una mancanza del genere sia da evitare per qualsiasi attività o azienda. Il contatto con i clienti attraverso i social network è un’esperienza che deve arricchire l’una e l’altra parte. Se non si ha cura del cliente, preoccupandosi di modificare un orario sbagliato, si avrà cura del cliente quando questo sarà dentro al locale?
Dolce
Via Tripolitania, 4
Roma
Tel. 06.86215696
x5
Dolce… e non solo
Gita alla pizzeria/ristorante/pasticceria/biscottificio “Dolce” di Roma
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Cavolo che pranzo