Recentemente ho avuto modo di approfondire la mia conoscenza sul tartufo, partecipando ad una cena organizzata da Carlo Vischi, Direttore della collana TrentaGourmet di Trenta Editore e IMMAGINAZIONE di Malvarosa Editore. La location dell’evento è stata quella dell’Hotel Sheraton Milano Malpensa, mentre la predisposizione del menù è stata coordinata da Enrico Fiorentini, chef executive del Il Canneto, in collaborazione con i colleghi Walter Ferretto del Cascinale Nuovo di Isola d’Asti, e Bruno Cingolani de Le Scuderie del Castello di Govone.
Ma ora un po’ di storia.
La nascita del tartufo è ancora avvolta in un mistero. Plinio racconta che un fulmine di Zeus, scagliandosi sulla terra, fertilizzò il punto da cui ebbe origine.Pensate che in passato era considerato il cibo delle streghe.
I tartufi sono funghi ipogei ‘spontanei’ che compiono il loro intero ciclo vitale sotto terra. Crescono in aree ben determinate e in particolari condizioni ambientali, vivendo in simbiosi con le radice di alcune piante.
In Europa ne esistono più di trenta specie la cui qualità varia per gli aromi, ma soprattutto per gli intensi profumi. Ne sono stati individuati ben centoventi, ma non solo, i ricercatori nel 1981 hanno rilevato la presenza di ferormoni, dando così una spiegazione scientifica al potere afrodisiaco per cui sono ben noti.
Visti i costi elevati le quantità utilizzate nei piatti sono minime; conseguentemente il suo valore non incide in modo rilevante sull’apporto alimentare, è infatti soprattutto basato sul puro piacere nell’apprezzarne i profumi.
Per valutare la qualità di un tartufo bisogna basarsi su ‘vista, tatto e olfatto’. Un tartufo deve essere ben pulito affinché i residui di terra non ne coprano i difetti. Al tatto deve essere compatto ma con una nota lievissima di elasticità, mentre al naso il suo odore è percepito solo nel momento della maturazione.
Per la sua conservazione si consiglia di tenerlo avvolto in carta assorbente,riponendolo in un contenitore di vetro e in un ambiente con temperatura dai 3 ai 6 gradi. E’ un prodotto fresco, quindi è consigliabile consumarlo non oltre una settimana.
Viene utilizzato come condimento crudo tagliandolo a fettine sottili su piatti poco conditi. Personalmente lo apprezzo molto su piatti semplici, come le uova al burro, o sulla fonduta, o su del risotto bianco alla piemontese.
• Il tartufo contiene circa l’80% di acqua. È ricco di potassio, di calcio, di sodio, di magnesio, di ferro, di zinco e di rame. Comunque sia, il suo valore non incide in modo rilevante sull’apporto alimentare. Per gli appassionati è puro piacere degustativo.
• Un tempo il tartufo bianco d’Alba si conservava nel riso, ora, per la sua conservazione, viene consigliato di tenerlo avvolto in carta assorbente e in ambiente fresco con temperatura dai 3 ai 6 gradi. A garanzia del prodotto si vende in un sacchetto numerato riconducibile all’origine di provenienza.
• Nell’Ottobre del 1990 si è costituita ad Alba l’Associazione nazionale città del tartufo per la promozione e la diffusione della cultura di questo pregiato fungo apprezzato nel mondo. La qualità viene determinata dal giudizio di esperti, uomini e donne, appositamente formati.
• Per valutare la qualità di un tartufo bisogna basarsi su ‘vista, tatto e olfatto’. Un tartufo deve essere ben pulito affinché i residui di terra non ne coprano i difetti. Al tatto deve essere compatto ma con una nota lievissima di elasticità, mentre al naso il suo odore è percepibile solo nel momento della maturazione. I suoi profumi ricordano l’aglio, il fungo e la terra bagnata.
• Per il cercatore di tartufi, che in Piemonte viene chiamato con il termine dialettale trifolau o trifulé, la buona intesa con il cane scavatore addestrato è fondamentale. La ricerca del prezioso fungo avviene da Settembre a Gennaio, e preferibilmente di notte, questo per non destare troppe attenzioni mantenendo segreti i tragitti seguiti. Da ciò è facile dedurre che la conoscenza del territorio è fattore essenziale per il buon esito della missione. La legislazione italiana prevede che la raccolta sia libera, sia che avvenga nei boschi che nei terreni non coltivati.
Oltre a questa pregiata qualità, ce ne sono molte altre con un prezzo più accessibile. Senza togliere l’indiscussa corona al tartufo bianco, cito ad esempio i tartufi neri pregiati, reperibili fino a Marzo, oppure tra Aprile e Maggio i bianchetti, o a Luglio gli scorzoni.
Il tartufo bianco si pulisce bene ma non si sbuccia. A differenza di quello nero, non va cucinato. Viene utilizzato come condimento crudo, tagliandolo a fettine sottili su piatti poco conditi. Come me, ama i piatti semplici e non troppo elaborati. Forse è per quello che durante la serata l’ho apprezzato in particolare sul risotto e sulle uova.
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