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L’avventura dei signori del West

09 Settembre 2013
Alla scoperta dei “grandi” amici di Ippoasi, che non sono diventati cibo...
"Cavolini" e "Cavoline", il nostro pomeriggio ad Ippoasi continua, e devo dire che raramente mi è capitato di spezzare in tre un articolo ma, per evitare il pericolo di tagli improvvisati che ne snaturassero il senso, ho ritenuto doveroso farlo.
Perché ad Ippoasi, c’è molto da imparare, molto a cui pensare, e molto su cui sognare…
Eccovi le avventure di quelli che nei film vengono descritti come gli animali che un tempo dominavano il vecchio West, cavalli e mucche….

(Ci avviciniamo ad una zona dove diversi esemplari pascolano tranquilli, tra di loro c’è anche un pony…)

Gorilla, Media Asset, Oliver e Sing Song arrivano tutti dal mondo delle corse, da cui spesso si esce solo per andare al macello, come nel caso di Media Asset e Sing Song, che sono stati salvati appena in tempo.
Quando sono arrivati ad Ippoasi, alcuni addirittura nel primo gruppo di cavalli liberati nel rifugio, presentavano molte delle caratteristiche legate alla vita negli ippodromi, dove spesso si vedono sottoposti a varie pratiche che sono in realtà vere e proprie torture, come la frusta elettrica, il trascinamento con il trattore e la reclusione.
I problemi legati a questo tipo di esistenza (ho difficoltà a definirla “vita”) si traducono in difficoltà di alimentazione, problemi alle zampe, infiammazione del trigemino (a causa del morso), diffidenza verso gli umani in generale. Gorilla per esempio ha subito un operazione alla trachea, molto comune nei cavalli da ippodromo ma finita male, che gli aveva reso quasi impossibile un’alimentazione normale, perché quello che mangiava gli usciva dal naso.
Questi stati di salute alterati spesso si traducono in una certa ritrosia nel farsi toccare e per alcuni, come nel caso di Gorilla, in una particolare tendenza a “mordere”. Da quando vivono qui comunque, tutti i cavalli hanno recuperato la piena forma fisica, e molti stanno superando la loro idiosincrasia, iniziando a cercare spontaneamente il contatto con le persone.
Diversa è invece la situazione di Tombola.

(Mi indica un’enorme e bellissima cavalla che avanza maestosa verso di noi)

Lei è stata salvata dal macello perché, dopo essere stata utilizzata come fattrice, non era più utilizzabile a livello lavorativo.
Tombola infatti non è mai stata domata, e come puoi vedere non cerca il contatto umano, esattamente come farebbe un cavallo selvaggio.
Portarla qui, come si vede nel filmino del nostro “trasloco”, è stata davvero dura!

(mentre Tombola se ne va con aria altera, arriva un bel cavallo baio a chiedere attenzioni)

Lui invece è Mirtillo, che può essere definito senza dubbio il “latin lover” di Ippoasi.
Nasce nel 2002 come cavallo da carne, ma ha trovato poi “impiego” nei maneggi come cavallo da sella, soprattutto con i bambini. Fa parte anche lui del primo gruppo di cavalli liberati ad Ippoasi, ma non avendo subito esperienze particolarmente drammatiche, è stato uno dei primi ad avvicinarsi agli umani, grazie anche al suo carattere curioso e tranquillo. Pur essendo castrato, fa coppia fissa con Tombola, e questo sfata un altro mito, e cioè che i cavalli maschi e femmine stanno insieme solo per accoppiarsi.
Basta stare qui pochi giorni per accorgersi che i cavalli amano molto la reciproca compagnia, se non vivono in situazioni tali da ridurli sull’orlo dell’esaurimento nervoso.
Ma il passato peggiore, alle spalle, lo hanno certamente le “piccoline” della famiglia, Liù e Lola.

(Mi indica una cavallina grigia maculata che viene a farsi accarezzare, e una pony che si tiene a distanza di sicurezza)

Liù era destinata ad essere il cavallo da sella di un ragazzino, condizione alla quale si è ribellata vigorosamente, fino a costringere i padroni a regalarcela perché non sapevano più gestirla.
La piccola Lola invece, è stata traumatizzata dal lavoro con i bambini.

(Ok, adesso mi metto a piangere…con i bambini?)

E’ affetta da una malattia simile al diabete umano, la Laminite, che provoca dolori fortissimi alle zampe, fino a rendere una tortura il semplice stare in piedi. Ma al maneggio dove lavorava, per farla camminare si insegnava ai bambini ad usare il frustino. Ora capisci da te che se un bambino impara ad essere violento con un animale che non può difendersi, cosa potrà fare da grande ai suoi simili più “deboli”?
Questo per farti capire come lo sport, se fatto sulla pelle di un'altra creatura, non solo non fa bene, ma stimola anche tendenze poco lusinghiere della specie umana.
Ora Lola, come Liù, ha recuperato molta della sua funzionalità fisica, grazie soprattutto al fatto che qua ad Ippoasi non viene ferrata, ed anche una certa fiducia nell’uomo.

(mentre Liù si allontana dopo essersi presa parecchie grattatine – ha un manto meravigliosamente morbido - arriva al piccolo trotto un asino, seguito a poca distanza da un altro)

Loro sono Cagliostro ed Abramo, due asini di razza amiatina, padre e figlio.
Entrambi appartenevano ad un coltivatore di olive di Pisa, ma Abramo è arrivato qui per primo perché diciamo che la sua nascita è frutto di una scappatella di Cagliostro ed il proprietario non poteva permettersi di tenerlo.
Siccome è arrivato qui molto giovane, Sing Song l’ha preso sotto la sua protezione, trattandolo come un figlio.
Poco tempo dopo abbiamo accolto anche suo padre, Cagliostro, perché il contadino non riusciva più a gestirlo, infatti correva sempre dietro alle femmine, seminando figli a ripetizione e danneggiando le strutture ed i recinti durante le sue fughe. Qui al rifugio, forse grazie all’assenza di femmine della sua razza, è sempre stato più che tranquillo. Anzi, poiché fortunatamente entrambi non hanno alle spalle un passato di maltrattamenti, e ci sono stati donati dal loro proprietario che ha voluto assicurare loro una vita felice, Cagliostro e Abramo sono due asinelli sereni ed equilibrati, che amano molto il contatto umano e che sono soprattutto molto attratti dai bambini. Come puoi vedere, amano molto le coccole.

(In effetti, entrambi si contendono le nostre carezze…)

E loro due chi sono? (indico due cavalli in un recinto separato, a cui Christian ci fa avvicinare)

Loro sono Diddi e Brio, i nostri cavalli “speciali”.
Brio è il più vecchio cavallo del circondario, ha quasi trent’anni, e fa parte come Mirtillo del primo gruppo di cavalli liberati ad Ippoasi. Sia lui che Diddi, a causa di anni di vita nel mondo degli ippodromi, soffrono di malattie respiratorie. Brio ha la Bolsite, detta anche “sindrome polmonare cronica”, mentre Diddi ha una pesante allergia verso alcune muffe, erbe e polveri. Entrambi i disturbi sono dovuti al fatto che i cavalli da ippodromo restano chiusi nei box per ore ed ore, a parte il tempo dedicato all’allenamento.
Tuttavia, nei box non c’è aria pulita sufficiente per un animale che l’evoluzione ha destinato ad una vita in grandi spazi aperti, soprattutto quando decine di cavalli vivono nello stesso capannone.
Ora per sopravvivere devono vivere sempre all’aperto e nutrirsi esclusivamente con un fieno speciale, il PreAlpin della StHippolyt, che arriva dalla Germania in forma di pelletts per essere poi reidratato, e che ovviamente fa lievitare di molto il costo del loro mantenimento.
Noi speriamo solo di riuscire a garantire loro una vita dignitosa, lontana dallo sfruttamento umano, fino alla fine dei loro giorni.

(Ci dirigiamo verso un’area che costeggia la statale, mentre Christian continua a raccontare, facendomi osservare il comportamento dei cavalli, e Selena gira attorno a noi scattando foto).

Vedi? La cosa più bella di vivere con questi animali, senza costringerli a fare nulla che non sia loro desiderio, è poter osservare i loro comportamenti spontanei, rendendosi conto dei legami che si creano, della gerarchia che si stabilisce tra loro.
Guarda Tombola, ad un certo punto lei parte per andare a bere, e Mirtillo ed altri le vanno dietro.
Arrivano all’abbeveratoio, bevono a turno senza spingersi, poi tornano a pascolare tranquilli, come fossero davvero amici che vanno a farsi una passeggiata e una bevuta.

(Vedo in lontananza due mucche dal manto nero, e poiché non le ho viste sul sito – mi sono documentata prima di venire – e ricordo l’intervista a Genova, mi incuriosisco)

Quelle sono le mucche protagoniste di quella diatriba legale di cui mi hai parlato?

Si, sono Macchia ed Ercolino, madre e figlio, e sono due di quelli che noi consideriamo esempi emblematici della cattiveria umana.Guarda Macchia, guarda le sue mammelle. Vedi cosa provoca la vita attaccata alla mungitrice?
I muscoli cedono e la mammella diventa una “palla” pesante che la mucca si porta dietro, prendendosela a calci. (vedi foto – si vede)
E la storia che a sei mesi il vitello è autonomo, e non ha più bisogno della madre? Un’altra balla, ovvio.
Guarda Ercolino, ha passato l’anno eppure è sempre attaccato alla sua mamma, che a sua volta lo coccola ogni volta che può. Pensa che adesso che cerca un po’ di indipendenza, come farebbe uno dei nostri ragazzini, lei dopo due minuti che si è allontanato gli corre dietro.
Sono entrambi l’esempio di cosa provoca l’intervento sconsiderato dell’uomo sulla vita dei bovini, pensa che una mucca, dopo pochi anni di parti alternati alla mungitura intensiva (l’unico modo per far dare latte ad una mucca infatti è farle avere un vitellino, e sottrarglielo prima che termini l’allattamento in modo da continuare a stimolare meccanicamente la produzione di latte), viene praticamente trascinata al macello, perché tra la distrofia all’utero e quella alle mammelle non riesce più a camminare.

(Dietro ad alcuni canneti, due mucche stanno in disparte. La bianca rumina tranquillamente, vicino ad una mangiatoia, mentre l’altra, marrone, sta accovacciata in terra, fissandoci tranquillamente da lontano, ma senza avvicinarsi.)

Loro invece sono Terra e Luna, chiamate così per i loro colori e perché sono arrivate insieme.
La LAV di Chieti le ha sottratte ad un allevamento di bovini da carne in dismissione, dove le nostre amiche non avevano un nome, ma solo un numero di matricola.
Luna quando è arrivata ha dovuto reimparare persino a camminare, perché gli ultimi tre anni di vita li ha passati in una stalla buia, legata ad una catena che le ha lasciato il segno vicino alle corna.
Ora come puoi vedere è fiduciosa e pacifica, avendo finalmente un luogo dove vivere libera.
Terra invece ha avuto bisogno di più tempo per riabituarsi al contatto umano, e ancora adesso, come sta facendo in questo momento, si prende delle lunghe “pause”, ed abbiamo imparato che in questi momenti è meglio lasciarla tranquilla.

(Una capra bianca, vicino alla mangiatoia, ci guarda con fare impertinente, mentre un'altra bruca poco distante).

Chi sono questi due simpaticoni?

(Ride) Loro sono Pierino e Sogno. Pierino è Pierino di nome e di fatto, hai presente quello dei film?
Lui e Sogno sono stati recuperati da un animalista di Como, il loro padrone non li voleva più perché erano un po’ indietro con lo sviluppo. Sogno in particolare era rachitico, ed anche adesso che comunque è cresciuto e sta bene ne ha sempre una, infatti oggi ha il ginocchio gonfio.
Quando sono arrivati al rifugio avevano pochi mesi, ed allora come oggi erano molto diversi tra loro nel carattere, a dimostrazione che le capre non sono né testarde né stupide, né ovviamente tutte uguali.
Sogno è timido, si tiene a distanza.
Pierino al contrario, in onore al suo nome, è socievole e molto impertinente, cerca frequentemente il contatto umano e spesso incoraggia le altre capre a farlo. E’ il nostro “p.r.”!

(Attraverso il canneto vedo arrivare Ercolino, in pieno assetto di fuga dalle cure materne, che poco cavallerescamente fa sloggiare Luna dalla mangiatoria e comincia a mangiare. Luna, con filosofia, se ne va senza far storie)

Guarda, un allevatore ti direbbe che le mucche sono gelose della loro mangiatoia, che prendono a cornate chi tenta di mangiare nel loro trogolo.
Adesso hai potuto vedere con i tuoi occhi che una mucca enorme, adulta, pienamente sviluppata e con un bel paio di corna, si è fatta “sfrattare” senza problemi da un esemplare che è poco più di un vitellino.
Come per i cavalli, in situazioni che non creano stress e competizione anche le mucche sono felici di condividere sia lo spazio che il cibo, semplicemente perché sono serene e senza minacce per un’esistenza veramente dignitosa…e guarda chi arriva!

(Macchia, dopo aver evidentemente fatto finta di non accorgersi della fuga del figlio, supera il canneto in pieno stile “dov’è il mio bambino”? La scena strappa una risata a tutti mentre ci avviamo nuovamente verso la casa dei cani e il pomeriggio volge al termine. Terra ci segue con lo sguardo.)

E loro?
(Tornando verso la casa dei cani, noto tre pecore dalle grandi corna che poco prima non avevo notato)

Sono Peter, Mau e Guille, tre montoni provenienti da situazioni non crudeli, ma certo difficili.
Peter è stato raccolto da una volontaria del gattile di Empoli, poiché era rimasto senza mamma ed il proprietario, dopo aver tentato di svezzarlo prematuramente con il latte di mucca, non sapeva cosa farsene. Lei lo ha riabilitato dal punto di vista alimentare usando il latte apposito, poi ce lo ha affidato.
Mau e Guille invece provengono da un gregge abruzzese di 150 esemplari, che abbiamo aiutato a “ricollocare” in collaborazione con l’associazione “Progetto Vivere Vegan”. Loro sono rimasti con noi.
Come puoi vedere sono due esemplari anziani, e quando sono arrivati qui erano entrambi gravemente debilitati. Mau in particolare aveva un’infezione legata ad una recente castrazione e le zampe posteriori completamente marce. Grazie al cielo, dopo una rigorosa riabilitazione ha superato tutti i suoi problemi.

(noto che gli animali sono visibili dalla strada in cui passano le macchine, e che molte persone passeggiano, anche con dei bambini, lungo il perimetro segnato dalle reti che delimitano l’area dell’associazione)

Certo che qui siete proprio in vetrina…

(ride) Si, è la cosa più bella del nostro trasloco. La gente qui ci vede, si avvicina incuriosita ed è facilitata a conoscerci. E’ il modo migliore per diffondere il nostro messaggio.

Quanti ospiti pensate di poter accogliere in futuro?

Non lo sappiamo, ed ovviamente il tutto è legato a quanto spazio riusciremo ad ottenere in concessione.
Per noi la cosa più importante è riuscire a garantire a tutti i nostri compagni di vita una nuova esistenza, il più possibile dignitosa, a riscatto delle crudeltà che hanno dovuto subire.

E fin dove vuole arrivare Ippoasi?

Il nostro progetto si basa sul sogno, sull’idea forse utopistica che tutti gli animali dovrebbero essere liberi.
Certo, è un sogno che forse né noi, né i nostri figli potranno vedere realizzato.
Intanto però, vogliamo partire da un’idea di rispetto profondo nei confronti di tutti gli altri animali, un rispetto che l’uomo, in quanto animale a sua volta, non può evitare di portare alle altre creature.
Un rispetto che significa niente recinti, niente catene, niente imposizioni stupide e crudeli.
Nel nostro piccolo, tentiamo di mostrare l’esempio di una vita diversa, di un mondo che può essere diverso.
Perché in ogni domanda che la gente si pone, conoscendo la nostra realtà, noi intravvediamo la possibilità di un mondo migliore, e di un futuro più sereno per il nostro pianeta.

Per qualsiasi informazione su Ippoasi:

www.ippoasi.org
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Via Livornese 762 – San Piero a Grado – Pisa
Tel. 389/7629476

Foto di Selena Pisaroni
primi sui motori con e-max.it
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