Elena Percivaldi è scrittrice e saggista, ma soprattutto storica con due grandi ambiti di ricerca: il Medioevo (in particolare le genti germaniche e i Longobardi) e i Celti.
[b]Elena, chiederti di raccontarci qualcosa sulle abitudini alimentari dei bambini nel Medioevo sarebbe un'impresa biblica, dato il millennio in cui sconfinare. Allora ti farò qualche domanda mirata: l'alimentazione dei bambini costituiva un capitolo particolare della medicina e della dietetica del tempo, oppure non c'era interesse specifico per l'età dell'infanzia da un punto di vista alimentare?[/b]
Più che altro, e come al solito per queste epoche, il problema è la mancanza di fonti. Non tanto sul discorso in genere – per il quale esiste parecchio materiale anche sotto forma di trattati – ma proprio per quanto riguarda gli alimenti specifici per bambini. C'è una ragione culturale alla base di tutto: il bambino era considerato un essere incompleto, malleabile e privo di una propria personalità. La 'colpa' di questo sentire diffuso va attribuita al celebre erudito Isidoro di Siviglia (VII sec.) che riprendendo teorie precedenti di secoli definisce le creature in tenera età 'infanti', facendo derivare il termine dal latino in-fans, che vuol dire 'ancora incapace di usare la parola'. Il che evidentemente relegava i bimbi in una specie di limbo dai contorni confusi. E' dunque naturale che al di là del latte e delle pappette in attesa dei denti, per il resto fossero ben poco tenuti in considerazione e dunque dovessero presto adattarsi alla dieta degli adulti. La distinzione sopravvive ancora in un trattato della metà del Cinquecento, il 'De proprietatibus rerum' pubblicato da Bartholomaeus Anglicus a Parigi (1556), ma sostanzialmente resta in vigore fino alla caduta dell'Ancien Régime. Occorrerà attendere l'avvento della società borghese perché all'infanzia (ma non nelle campagne e nelle zone depresse e arretrate!) sia riservata un'attenzione specifica anche dal punto di vista pedagogico e dietetico. Ma questa è decisamente un'altra storia.
[b]Una cosa che mi ha sempre incuriosito è il fatto che già nell'alto medioevo l'acqua, considerate le fonti spesso impure e rischiose, era tagliata con il vino, che si riteneva fosse un potente germifugo e disinfettante. E' vero che l'acqua mista a vino veniva somministrata perfino ai lattanti?[/b]
Non abbiamo prove incontrovertibili di queste pratiche (esistono peraltro dicerie su questo nelle campagne fino a pochi decenni fa!) ma è un dato di fatto che il vino di un tempo era molto diverso dal nostro: sciropposo, denso e molto alcolico, doveva essere per forza diluito altrimenti era imbevibile. Il detto che 'faceva sangue' era molto diffuso e quindi lo si somministrava in primis ai deboli e ai malati, e da lì ai bimbi il passo è breve. Ma stiamo parlando di quantità infinitesimali. Lo svezzamento nel Medioevo coincideva col raggiungimento non solo di una alimentazione autonoma, ma anche della capacità di provvedere da sé ai propri bisogni e quindi di lavorare, financo di combattere. Tale svezzamento – come ha ben spiegato Philippe Ariés nel suo classico saggio 'Padri e figli nell'Europa medievale e moderna' - avveniva intorno ai sette anni e da allora si era adulti a tutti gli effetti...
La farmacopea di un tempo del resto si basava sull'esperienza. Pensiamo ai Longobardi, popolo che conosco bene perché l'ho studiato molto da vicino: almeno agli inizi, legavano le malattie e la medicina al mondo della magia perciò ricercavano la cura negli alberi che ritenevano sacri, le cui essenze assumevano una valenza psicosomatica. Per la medicina quotidiana facevano ricorso all'artemisia, che facilita la digestione e agisce da vermifugo, problemi entrambi presenti tra i bimbi. Largo uso era riservato al ginepro. Pensa che ancora oggi, in certe zone friulane (che hanno profonde radici longobarde), si massaggia l'addome dei neonati che soffrono di coliche con olio di ginepro per attenuare il dolore... una valida alternativa 'esterna' alle tisane a base di finocchio.
[b]C'è una qualche merenda storica destinata o pensata per un bambino illustre che ti ha particolarmente affascinato?[/b]
In realtà ho sempre trovato più intriganti e significative le merende 'povere' perché non erano un sovrappiù come oggi ma calmavano una fame vera. Il mio nonno materno, milanese, nel secondo dopoguerra si era trovato a far da tutore ai due figli di uno dei suoi fratelli, che avevano perso il padre ancora giovane ucciso dal calcio di un cavallo. A Natale insieme a mia mamma, allora piccina, andavano a prenderli all'orfanotrofio dei Martinitt e li portavano a casa per trascorrere qualche giorno in famiglia. Ad accoglierli trovavano arance e mandarini e un profumo intenso e indimenticabile che faceva subito festa. Era la merenda più bella e attesa dell'anno perché per qualche giorno li faceva tornare – sembra paradossale dirlo, ma è così – davvero bambini.
[b]Dato che sei anche archeologa, hai mai trovato nei tuoi scavi delle suppellettili alimentari destinate evidentemente ai bambini?[/b]
Personalmente no, ma non sono pochi gli scavi che hanno restituito vasellame che, vista la forma, era senz'altro utilizzato per l'alimentazione infantile. Micro-ceramiche o suppellettili a forma di 'biberon', ad esempio. Nel Museo Archeologico di Arsago Seprio (Va) c'è un vaso di età romana – un guttus - a forma di uccello che presumibilmente veniva usato in epoca romana per allattare i neonati. Qualcuno – ma maggiori dettagli ve li potrà dare il mio collega, l'archeologo Brandolini, che lì è di casa – ha persino azzardato l'ipotesi che le brocche a becco longobarde potessero servire per allattare... E' solo un'ipotesi, suggestiva certo, che senza altri riscontri oggettivi è impossibile da verificare.
[b]E per quanto riguarda i Celti, si sa qualcosa riguardo l'alimentazione infantile?[/b]
Anche in questo caso vale quanto sopra. Le fonti antiche (Posidonio, Livio, Plinio il Vecchio, Polibio) descrivono con dovizia di particolari i banchetti e le portate, soprattutto a base di carne e cereali, ma non ci è alcun accenno all'alimentazione dei bimbi. Possiamo solo fare delle ipotesi: pappette a base di cereali, latte di ovino o caprino (quello bovino era usato decisamente meno perchè le vacche erano usate per la produzione di vitelli e come animali da traino)
[b]Se tu fossi un bambino di prima media che deve studiare il Medioevo, che merenda corroborante gli proporresti?[/b]
Sicuramente dei biscotti a base di miele: lo zucchero in antichità era usato pochissimo perché costava molto e veniva da lontano, mentre le api fornivano ovunque miele ottimo e in abbondanza. Oltre che buono, il miele ha proprietà organolettiche straordinarie, e altri prodotti delle api – come il propoli e la pappa reale – sono un valido corroborante, forniscono una riserva d'energia per chi come loro fa movimento, aiutano a crescere forti e sani e curano i piccoli malanni di stagione.
[b]In ultimo: sei mamma di due splendidi bambini. Ci dai una tua ricetta infallibile che loro adorano?[/b]
Il risotto con la fonduta di parmigiano, ma anche i Wurstel (che oltretutto sono comodi e rapidi da preparare). Ma il top credo siano le mini-crostatine con marmellata alla fragola che facciamo assieme (marmellata compresa!): un giorno Riccardo ne ha divorate tre una dietro l'altra, come Poldo di Braccio di Ferro con gli hambugher... Ma per fortuna queste cose sono sane!
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L'alimentazione dei bambini nel Medioevo
Una merenda storica con Elena Percivaldi
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