Archivio Storico 2011-2017

x5

Idromele

23 Ottobre 2012
L'acqua nemica del vino ma amica dei mieli
Che bella la Boemia. Le sue cittadine, appena oltre il confine austro-ceco, sono incantevoli. Luoghi nei quali si capisce perchè Tchaikovsky possa aver scritto il Lago dei cigni. La zona è una meraviglia di laghi e laghetti dove questi bianchi palmipedi dominano eleganti e fieri. Ero proprio in quei luoghi poche settimane fa. Uno splendido fine settimana che festeggiava il compleanno di mia moglie. Come sempre, quando siamo in giro in una qualsiasi località del mondo, il mio pensiero, malato di mieli,va alle api ed ai mieli della zona. Cerco, mi informo, assaggio, vado in cerca di alveari per conoscere come questa antica e sacra attività umana. l'apicoltura, sia attuata in ogni zona.

Anche il Boemia perciò il mio sguardo cercava, la mia curiosità indagava e, cercando, scoprivo la grande cultura dei mieli boemi. Mieli di brughiera notevoli, grandi mieli di melata nei quali domina la quercia più delle resinose. Ma nello stesso tempo riscoprivo e riprendevo contatto, attraverso un giovane e simpatico amico apicoltore, con una bevanda antichissima, straordinaria eppure così poco nota a noi italiani. Legatissima ai mieli ed alla storia alimentare, sacra e religiosa degli uomini.

Questa bevanda alcolica, molto più antica del vino, ha un nome strano, ma musicale: idromele, o idromiele. Direi che la prima denominazione è quella più diffusa, ma è anche quella che più trae in inganno chi la sente magari per la prima volta. Infatti la chiusura della parola in mele fa pensare al frutto della mela e perciò ad una bevanda magari simile al Sidro che, diciamocelo, non ha mai incontrato una grande attenzione dei consumatori se non in una piccola fetta di salutisti amanti del bio poco alcolico e frizzante da bere.

Invece l'idromele con le mele e con bevande da queste ricavate, non ha proprio nulla a che vedere. E nemmeno, se non per la fase iniziale, con l'acqua che ricorda quell'idro. La sua natura l'idromele la lega proprio ai mieli ed alla capacità di questi, con appositi lieviti, gli stessi dei vini, di dar vita ad una fermentazione alcolica particolarissima e dai risultati aromatici straordinari per chi la sa dominare. Ma vediamo un po' di storia di questo strano alimento alcolico.

Noi Conosciamo l'idromele dai Greci e dai Romani, loro furono i primi a lasciarcene testimonianze scritte. La bevanda ebbe però probabilmente origine nell'Africa centro-orientale dove si presume siano comparsi anche i primi ominidi ed abbia poi compiuto il percorso verso nord attraverso le popolazioni del Corno d'Africa, i Nubiani e gli Egizi, i quali lo fecero conoscere ai Cretesi.

Ed è a Creta che si hanno le prime testimonianze scritte sull'idromele. Anzi queste testimonianze ci dicono che quando nella Grecia minoica, 2000 anni avanti Cristo, nasce il mito di Dioniso, il futuro Bacco dei Romani, i cretesi non conoscevano il vino. Com'è possibile che il dio che rappresenta l'ebbrezza dell'alcol sia nato nell'assenza di vino!

Karl Kerenyi, storico, sostiene nel suo "Dionisio" che i cretesi conoscessero bene però l'idromele e che anzi tutti i miti greci siano stati impregnati di miele ed idromele, il nettare e l'ambrosia cibo e bevanda degli Dèi. Nella Grecia antica, nettare ed ambrosia vengono citati indistintamente come se fossero due aspetti diversi dello stesso prodotto. In seguito, in tempi più recenti, il nettare viene citato come bevanda e l'ambrosia come cibo. In realtà l'idromele, per il suo alto costo, non fu mai bevanda popolare, ed anche nelle classi abbienti non fu la bevanda che accompagnava il cibo, ma la bevanda rituale e dei sacrifici ed anche costituente della "panacea", la sostanza che guariva da tutti i malanni.

Per questo secondo aspetto l'idromele conserva perciò le virtù del suo componente principale, il miele, che cura malattie del corpo e dello spirito. Senza dimenticare che nelle farmacopee che distano da noi solo alcuni decenni, miele, cera, idromele, ossimele, propoli ed altri prodotti delle api erano presenti in forze. In particolare idromele ed ossimele in primis come estrattivi dei principi attivi delle erbe. Per ciò che riguardava invece il suo uso nei sacrifici, non dimentichiamo che l'idromele non era e non è come il succo d'uva che ha zuccheri particolari proporzioni e nulla più, ma aumentando il miele usato nella miscela da fermentare, non solo si aumentava il gusto dolce del prodotto finale ma anche il suo grado alcolico.

Il grado alcolico dell'idromele antico era molto potente. Si può affermare che l'idromele era, in tempi in cui la distillazione era sconosciuta, il superalcolico di epoca greca e romana. E noi sappiamo che c'era una relazione diretta tra l'uso di alcune sostanze che davano una percezione alterata della realtà e diverse religioni. L'idromele arrivò così nei paesi del nord-Europa che seppero valorizzarlo non avendo il vini robusti, ma solo la debole birra da opporgli; e allora i Celti, i Sassoni, i Vichinghi, gli Scandinavi, quelli che noi chiamammo,in modo totalmente errato barbari, non potendo coltivare la vite, lo produssero perché sottolineasse le loro feste nei cambi di stagione, ed ancora oggi è rimasta l'abitudine di prepararlo per festeggiare equinozi e solstizi nei paesi scandinavi.

Ma proprio in anni recenti questa bevanda ha avuto esattamente in Italia i suoi più grandi studiosi e ammodernatori, che ne hanno saputo trarre un prodotto di rara finezza e bevibilità andando molto oltre i vini di mieli, come anche vengono chiamati gli idromele di origine centro europea e nordica.
A questo proposito voglio citare le parole di un grande amico, purtroppo scomparso prematuramente qualche anno fa, che dell'idromele italiano di altissima qualità fu maestro; il caro Alberto Mattoni, umbro che nell'idromele credeva con forza coraggio e tanto amore e passione.

Così scrisse Alberto nel 2006.

"Quando una decina di anni fa decidemmo di provare a produrre idromele, ci trovammo a ripartire da zero; nessuna esperienza recente, nessun prodotto a cui fare riferimento, nessuna idea su quale miele usare ne quali operazioni fossero necessarie prima di intraprendere la fermentazione. Niente. Buio totale. Tanto che l'idea del marchio "Chimere" nacque a quel tempo, dall'osservazione di molti che dicevano: "Sì ne ho sentito parlare a scuola, lo facevano già Greci e Romani ma non l'ho mai assaggiato"; ed a noi tornavano in mente i versi del poeta"come l'araba fenice, che vi sia ognun lo dice, dove sia nessun lo sa". D'altra parte la contiguità tra l'idromele come prodotto fantastico e la mitologia è un dato di fatto: tutti i miti Greci dalla nascita di Giove, a quello di Dionisio sono intrisi ed imbevuti di miele ed idromele, il nettare e l'ambrosia. E forse questa mancanza di riferimenti è stato un bene, perché ci ha obbligato a creare un prodotto tutto nuovo secondo i criteri e le metodologie della vinificazione moderna. La produzione infatti, esclusa la preparazione del mosto, ricalca la produzione del vino, dove la prima fase è la diluizione del miele in acqua di sorgente (e non l'acqua clorata del rubinetto). Difatti Plinio consigliava di usare per la diluizione del miele l'acqua piovana. Inoltre bisogna tener conto che le varietà del miele determineranno la qualità finale del prodotto. Difatti il miele dev'essere pulito ,dal gusto gradevole e senza tracce di fermentazione".

Queste ultime parole di Alberto mi ricordano una bella sera, una bella cena, nella quale ero seduto proprio accanto a lui. Discutemmo di una mia idea che lui aveva però già in parte da tempo sviluppato. Quella di poter produrre idromele da mieli monoflora. Forse a questo punto è necessaria una spiegazione.

In genere nelle zone mitteleuropee il Medavine o Honigwein viene prodotto utilizzando mieli millefiori di brughiera che hanno una certa uniformità aromatica, con poche punte che escono dalla media. Nessuno aveva ancora pensato di usare negli idromele mieli monoflora che invece noi in Italia possiamo produrre alla grande e con una qualità unica. Perchè non pensare allora ad un idromele di Tiglio, o ad un idromele di Corbezzolo? Insistetti su questo aspetto e Alberto prese forse anche un po' di forza dalle mie parole. Sta di fatto che prosegui nei sui studi e nella sua sperimentazione ,in collaborazione anche con l'Università di Perugia dalla quale si fece selezionare i lieviti adatti. Ottenne così un idromele, monoflora di corbezzolo toscano, che lo portò a vincere e a ricevere in Francia, terra d'elezione per la produzione dell' idromele, la medaglia d'oro per il miglior idromele monoflora di corbezzolo, in un concorso internazionale che vedeva a capo della giuria il massimo esperto di idromiele al mondo, il francese Michel Gonet. Chi vive nel mondo del vino o dei formaggi sa benissimo cosa possa valere e significare un premio vinto in questi comparti in Francia. Per gli idromele la valutazione da fare è identica.

Non solo di mieli è fatto il magico mondo dell'alveare, ma anche di prodotti come l'idromele del quale oggi ho voluto scrivere per voi.

Come e dove assaporare questa bevanda?

La prima cosa da precisare è senza dubbio la sua temperatura di servizio.
L'idromele è un prodotto antichissimo, ma per certi aspetti del tutto nuovo nello sterminato panorama delle bevande alcoliche e quindi con grandi potenzialità che vanno però sapute costruire. Qualche suggerimento. Innanzitutto va sempre bevuto molto freddo, soprattutto se bevuto da solo come bevanda da meditazione. Pertanto la giusta temperatura si deve aggirare intorno agli 8-10°C, perché presenta delle punte aromatiche complesse che a temperature superiori potrebbero risultare alterate ed illeggibili al palato. È una bevanda da intenditori, da degustare a piccoli sorsi, studiando la sua potenza aromatica e la sua stupefacente persistenza. Proprio questa sua persistenza lo fa abbinare egregiamente a grandi formaggi, che nel contrasto con il dolce ed il profumo dell'idromele si esaltano ai massimi livelli. Un grande formaggio il giusto miele e il giusto idromele sono da estasi. Consiglierei anche l'abbinamento con il fegato d'oca, il quale analogamente ha un fondo dolciastro ed un aroma robusto. Direi perciò che la regola dell'abbinamento dell'idromele è con i cibi che, benché salati, abbiano una nota dolciastra o notevolmente grassa. Naturalmente l'abbinamento è possibile anche con i dolci, soprattutto con della pasticceria secca come tozzetti o cantucci e con tutto ciò che contenga cioccolato che all'idromele domina alla grande. Perfetto anche con la frutta secca.

Dove trovarlo?

Cercando nei negozi dove il cibo fa cultura lo si può trovare nella sezione degli alcolici. Come indicazione , anche in ricordo del mitico Alberto Mattoni, vi invito a dare un occhiata alla sua creazione "Chimere" che trovate qua: http://www.idromele.com/index.html

Buon idromele a tutti. Ciao, ovunque tu sia, grande Alberto.
primi sui motori con e-max.it
primi sui motori con e-max.it