“Non c'è posto al mondo che io ami più della cucina. Non importa dove si trova, com'è fatta: purché sia una cucina, un posto dove si fa da mangiare, io sto bene. Se possibile le preferisco funzionali e vissute. Magari con tantissimi strofinacci asciutti e puliti e le piastrelle bianche che scintillano”.
Questo è l'incipit di Kitchen, romanzo d'esordio dall'autrice giapponese Banana Yoshimoto e che si inserisce nella storia della letteratura giapponese in maniera impeccabile, diventandone quasi il manifesto.
Un romanzo che inizia così come poteva non attirare la mia attenzione?
Scritto nel 1988, è stato tradotto in italiano nel 1991 come prima traduzione mondiale.
E' diviso in due parti, Kitchen e Plenilunio (Kitchen 2). Il titolo deriva dall’ossessione della protagonista per la cucina.
Oltre a questa passione, si intrecciano molti aspetti della vita della protagonista Mikage: la morte (tema caro agli scrittori giapponesi) che trova la sua rappresentazione nella perdita dei genitori e dell'amata nonna, la possibilità di ricreare una famiglia propria, l'omosessualità...
Se pensiamo alla famiglia tradizionale, quella con un padre, una madre e dei figli, non è l'immagine che ne esce da questo romanzo: Mikage, ad esempio, sceglie di vivere in un nucleo familiare dove la madre è in realtà il padre...
Mikage parla spesso della sua passione per la cucina, che rappresenta per lei il luogo dove si prepara il cibo (risorsa basilare della vita) e soprattutto luogo dove ci si riunisce per consumare le pietanze cucinate con l'ingrediente più importante: l'amore.
Il cibo è visto come piacere, come antidoto alla morte, alla tristezza, alla solitudine.
Il cibo è vita e sopravvivenza.
Il romanzo ha riscosso un grande successo grazie allo stile sempre attuale e affascinante, giovanile e fresco della Yoshimoto, ispirato ai manga (più precisamente allo “shojo manga”: destinato ad un pubblico prevalentemente femminile di età compresa tra i dieci e i diciotto anni)
È un haiku lungo 150 pagine.
Kitchen è una lettura semplice ma non per questo superficiale, consigliata a chi ha voglia di evadere un po' dalla quotidianità per immergersi in una “cucina” di sentimenti delicati che scalda il cuore come una buona minestra calda.
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