Tempo fa ho riportato il caso di una ragazza, che avevo chiamato Gioia, che soffre di una malattia molto rara (vedi l’articolo del 8/2/2012 - Il cibo in testa - MNGIE: Quando L'anoressia Non È Anoressia E Lo Stomaco Rifiuta Il Cibo).
A distanza di più di un anno, mi si è presentato un altro caso che merita di essere portato a conoscenza. Ringrazio quindi Manuela, per essersi resa disponibile a raccontare la sua storia e le sue difficoltà e la mia amica e collega Silvia che è stata la fautrice del contatto tra di noi e con cui ho collaborato per la stesura dell’articolo.
Prima di conoscere Manuela non avevo mai sentito parlare di Sensibilità Chimica Multipla: una patologia che si manifesta come una “normale” allergia ai profumi e che invece coinvolge tutto il sistema immunitario. Il malato di MCS sviluppa gravi intolleranze a tutti gli agenti chimici (cosmetici, detergenti per la pulizia degli ambienti, farmaci, insetticidi, ecc…) .
L’esposizione ad agenti chimici che il sistema immunitario non riesce a metabolizzare porta il paziente a subire dei danni agli organi di filtro come fegato, polmoni e reni. La MCS può portare anche alla morte, come purtroppo è successo a Linda S. una ragazza di Roma di soli 36 anni deceduta recentemente, perché in Italia non esistono centri ospedalieri idonei al ricovero e alla cura di tale patologia e delle conseguenze correlate.
L’Organizzazione Mondiale per la Sanità ha riconosciuto la MCS come malattia, invitando gli Stati membri ad intraprendere un percorso per il riconoscimento e la cura, ma in Italia solo alcune regioni l’hanno riconosciuta come malattia rara. Di fatto sfortunatamente il Ministero della Sanità non sta formando medici di base per individuare la patologia dai primi sintomi, non finanzia le famiglie: i forti costi per depuratori dell’aria, mascherine e bombole di ossigeno sono a carico degli utenti.
Da patologia multi-sistemica progressiva quale è, la MCS richiede un cambiamento radicale di vita: evitare l’esposizione ad agenti chimici cambiando tutti i prodotti per l’igiene personale, la pulizia di indumenti, della casa e, laddove è possibile, vivere in un ambiente “bonificato”. Nel caso di Manuela, dipendente della pubblica amministrazione, il telelavoro è stata una soluzione per mantenere l’impiego, ma non sempre ciò è possibile.
Perfino a tavola si deve cambiare tipo di alimentazione: i cibi devono provenire rigorosamente da agricoltura biologica perché i pesticidi presenti entrerebbero in circolo nell’organismo; la carne deve provenire da animali alimentati con mangimi protetti e privi di sostanze che ne favoriscano la crescita; perfino lo zucchero deve essere quello grezzo di canna perché gli acidi che servono a sbiancare il comune zucchero di barbabietola lasciano comunque dei residui.
A differenza di molti pazienti che vivono in altre aree urbane, Manuela abita in una città industriale toscana sita sul mare, fattore naturale che aiuta a contrastare l’inquinamento della fabbrica grazie al continuo soffiare dei venti; inoltre la sua abitazione è nell’estrema periferia nord sul limitare della macchia mediterranea, quindi Manuela può fare alcune passeggiate all’aria aperta senza mascherina. Come è solita dire Manuela: “Sono allergica agli agenti chimici prodotti dall’uomo, non alla natura!”
In attesa che anche l’Italia riconosca la patologia e consenta ad alcuni malati di trovare la spiegazione al loro malessere, non resta che riflettere su come le nostre scelte stiano condizionando i nostri simili e cominciare a pensare seriamente a cosa mettiamo nel nostro piatto, magari per prevenire problemi futuri a noi e ai nostri figli.
Articolo scritto in collaborazione con Silvia Cialli
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La Sensibilità Chimica Multipla si combatte anche a tavola
Lo strano caso di una ragazza allergica a tutto
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Il cibo in testa