L’idea è nata da lei, un’eclettica donna dal gusto sottile, avvocato per studio, sommelier per amore.
L’amore per il vino.
Nel sua negozio, Enoteca Cremona, non troverete mai bottiglie di grande richiamo e con nomi altisonanti.
Lei i suoi vini se li va a cercare, tutti quanti, e prima di farli conoscere ai suoi clienti li prova con devozione totale.
Patrizia Signorini ha deciso, poco tempo fa, che una sera l’avrebbe dedicata allo Champagne, vino che è da sempre nel suo cuore (e immagino anche nel suo frigorifero).
Per questo mi ha chiamata e mi ha chiesto di presentare la serata nella sua enoteca con quattro Champagnes d’eccezione, quattro voci che cantano da sempre fuori dal coro. E io non potevo dire di no, ovviamente.
L’enoteca, che si trova in centro a Cremona, è stata trasformata in men che non si dica da Patrizia e da Anna Sarcinelli, una bravissima eventplanner, per usare un termine aggiornato, con estremo buon gusto e maestria organizzativa.
Leitmotiv della serata: rose bianche.
Tre tavoli per le circa venti persone che hanno la fortuna di degustare quattro vini meravigliosi con golosità legate alla regione: Culatello stagionato 36 mesi, Cotechino cremonese 3TTT (chiamato Vaniglia) e lenticchie, Salva Cremasca e Reggiano Riserva 43 mesi della riserva personale di Auricchio.
Prima di iniziare però Patrizia ha pensato bene di riscaldare queste giornate autunnali piovose e monotone con un aperitivo sotto i portici a base di solo champagne, con tutte le bottiglie in una vasca d’acciaio piena di ghiaccio e rose bianche, minuziosamente preparate da Anna.
Tocchetti di Parmigiano e piccole piramidi di bollito in gelatina della Macelleria Contini hanno placato i primi segni della fame mentre la voglia di musica in sottofondo è stata accompagnata dal sax di un giovanotto bravissimo a infuocare l’atmosfera.
Tanta gente sotto i portici, è una serata speciale e l’entusiasmo è palpabile. Arrivano velocissime le 8 e bisogna dare inizio alla serata di degustazione.
Come dicevo sono 4 gli Champagnes proposti da Patrizia, tutti, tranne uno, sono dei piccoli RM che coltivano le loro uve e, con la maggior parte di esse producono lo Champagne con il loro marchio.
Li metto in ordine di degustazione, così come li abbiamo decisi in funzione delle loro caratteristiche organolettiche e distintive:
Champagne Doyard – Cuvée Vendémiaire 100% Chardonnay
Champagne Guiborat Fils – Brut Tradition 65% Chardonnay – 35% Pinot Meunier
Champagne Gosset Brabant – Réserve Grand Cru 80% Pinot Nero – 20% Chardonnay
Champagne Marguet Père & Fils – Cuvée Blanc de Noirs 78% Pinot Nero – 22% Pinot Meunier
Abbiamo quindi « toccato » con mano tutte le regioni della Champagne (ad esclusione dell’Aube), e anche tutti i vitigni usati tradizionalmente nell’assemblaggio.
Persone attente, appassionate, curiose mi hanno accompagnata in questo viaggio attraverso la CôtedesBlancs, con Doyard a Vertus, passando per Cramant con Guiborat per arrivare ad Aÿ, nella Vallée de la Marne con GossetBrabant, fino ad Ambonnay, in piena Montagne de Reims con Marguet.
Il primo Champagne, Doyard, è un anello di congiunzione fra me e Patrizia.
Tutte e due apprezziamo questo vigneron atipico e legato a doppio filo alla Champagne: nel 1941 il capostipite, Maurice Doyard, fonda insieme a Robert Jean de Vogue (Moët&Chandon) il ComitéInterprofessionneldu Vin de Champagne (CIVC), organismo semiprivato che raduna in ugual numero vignerons (coltivatori indipendenti) e négociants (le grandi maison) per difendere i loro diritti da tutti i punti di vista.
Lo champagne che abbiamo avuto il piacere di degustare è un Blanc de Blancs con tre millesimi di assemblaggio e con un dosaggio non particolarmente basso, ma che non nasconde la piena mineralità del vino.
Fiori bianchi e piccole sventagliate di pera cambiano posizione continuamente.
Il sorso è teso, diritto sorretto comunque da una materia molto piena e da una superba freschezza.
Piccoli assaggi di frutta esotica e di agrumi oltre ad un accenno di zucchero a velo.
Perfetto nel suo incedere e nei suoi movimenti. Senza troppo distacco, senza superbia.
E’ uno champagne che arriva al cuore.
La seconda chicca, il Brut Tradition di GuiboratFils, altro RécoltantManipulant di Cramant, sempre nella CôtedesBlancs, ci fa sentire uno Champagne fatto per piacere, per essere immediato ed essere bevuto senza farsi troppe manipolazioni mentali.
Anche questa è la forza dello Champagne, la sua grande bevibilità, che non significa un vino insulso, un vino da poco prezzo o superficiale.
No, vuole semplicemente dire che tutti gli aromi e i gusti che si sprigionano sono maggiormente accessibili ad un pubblico più vasto, anche se non conosce profondamente lo Champagne.
Ecco perché l’equilibrio fra potenza e finezza, profumi e sapori di fiori e frutti diventa fondamentale per apprezzare al meglio il bicchiere e goderselo fino in fondo.
Per il terzo Champagne ci spostiamo dalla CôtedesBlancs verso la Vallée de la Marne, precisamente nel GrandCru di Aÿ con il Brut RéserveGrandCru di Gosset-Brabant, un altro RM da più di quattro generazioni.
E’ stato il bicchiere più difficile della serata devo dire.
Forse per quella tanta materia messa in bottiglia (80% Pinot Noir e 20% Chardonnay entrambi GrandCru), quello stile un pochino fruttato e concentrato che non ha lasciato gli animi, e i palati, piacevolmente solleticati.
Personalmente l’ho trovato di grande spessore, anche se di difficile abbinamento con quelle note di mora matura e ribes rosso che nascondevano un po’ la bella acidità di fondo.
Sicuramente da riprovare per dare un parere definitivo.
Bevendo e raccontando si arriva alla quarta bottiglia della serata, Blanc de Noirs 1er Cru di MarguetPère&Fils, adAmbonnay, piena Montagne de Reims, patria celebrata del Pinot Nero.
In questo caso ci sono il 78% di Pinot Nero e il 22% di Pinot Meunier.
BenoîtMarguet, il quinto discendente di una generazione di vignerons (anche se ora è classificato come NégociantManipulant NM, acquistando alcune partite di uve da altri viticultori), si occupa di più di 13 ettari di vigne, quasi tutte GrandCru, e quasi tutte in conversione Bio dal 2009.
I campi vengono ancora lavorati ancora con il cavallo da tiro per non pressare troppo il terreno e permettere alle radici delle vigne, vecchie di anche 60 anni, di andare in profondità.
E’ un fuoriclasse questo Champagne, e lui lo sa.
Già l’intensità dell’olfatto inebria i sensi in maniera totale: frutta esotica cremosa, note di boisé, miele, ananas candito.
Morbido e caldo al palato non lascia tregua perché risveglia i sensi finora sopiti.
E’ intrigante nel suo porsi e sorretto da tanta mineralità e freschezza che lo rendono un piccolo capolavoro di equilibrio gustativo.
Grande, grandissima la persistenza al palato che lo imprime nella memoria. Per tanto tempo.
Una serata che resta nella memoria e nel cuore.