“Chissà se nel 2017 avremo ancora i panorami della Val d’Orcia e della Maremma con le caratteristiche distese di campi di grano?” E’ quanto ha affermato Tulio Marcelli, Presidente di Coldiretti Toscana, in occasione del presidio Coldiretti davanti al Ministero dell’Agricoltura, sede del tavolo cerealicolo nazionale. Presenti agricoltori di tutta la Toscana in rappresentanza di un mondo cerealicolo che non si rassegna alla scomparsa. Anche l’Assessore all’Agricoltura della Regione Toscana, Marco Remaschi, presente a Roma non ha fatto mancare il suo sostegno ai cerealicoltori della regione.
“Per effetto di strane “manovre” sul mercato internazionale le quotazioni dei cereali sono letteralmente crollate (-35% per il grano duro e -20% per il grano tenero) ed hanno raggiunto un livello molto al di sotto dei costi di produzione – dice Marcelli - . La situazione è tale che, se non ci saranno interventi per eliminare le storture del mercato, molti agricoltori, nel prossimo autunno, sceglieranno di non seminare il grano e di lasciare i terreni incolti”.
In Toscana mediamente vengono coltivati circa 110.000 ettari di terreno a grano; sono oltre 90.000 gli ettari seminati a grano duro e circa 20.000 quelli in cui si coltiva il grano tenero. La produzione del grano duro si concentra nella province di Siena, Grosseto e Pisa, mentre ad Arezzo va il primato per il grano tenero, coltivato soprattutto in Val di Chiana. Sono circa 15.000 le imprese agricole toscane che coltivano grano; di queste 3.000 seminano ogni anno più di 10 ettari a cereali.
Quest’anno abbiamo avuto ottime produzioni in tutto l’areale della costa toscana, mentre nelle zone interne le eccessive piogge primaverili hanno provocato una sensibile riduzione dei raccolti.
Quindi grande preoccupazione nelle aree a più alta vocazione cerealicola della Toscana dove si producono la maggior parte dei 3.5 milioni di quintali di grano della regione.
“La produzione Toscana, oltre ad essere significativa in termini generali, collocandosi al quinto posto tra le regioni italiane è anche di qualità elevata –dice Antonio De Concilio, Direttore Coldiretti Toscana – per questo occorre una forte iniziativa di filiera che sia di raccordo fra tutti i soggetti del comparto in modo da stringere accordi che consentano di garantire i produttori dalle turbolenze dei mercati internazionali”. “Certamente è un processo la cui edificazione non è né breve né facile – conclude De Concilio – ma bisogna intervenire immediatamente con misure straordinarie perché senza la cerealicoltura muta il paesaggio della Toscana e si rischia una pericolosa desertificazione, con tutte le conseguenze ambientali ed idrogeologiche connesse, oltre ai riflessi occupazionali nella filiera e nell’indotto”.
Come uscire dalla crisi? Analogamente a quanto fatto per i prodotti lattiero caseari, la Coldiretti chiede che venga introdotto l’obbligo di indicare l’origine del grano impiegato nell’etichetta della pasta e dei prodotti da forno, riportando le corrette informazioni al consumatore e valorizzando le distintività dei cereali italiani. Ma servono anche l’implementazione di una misura nazionale, con garanzia nazionale, in regime de minimis, che permetta agli agricoltori di ottenere l’anticipo sul prodotto conferito e l’allargamento della moratoria bancaria alle imprese cerealicole, assieme a un progetto per l’assicurazione al reddito delle imprese cerealicole con l’avvio ed applicazione dei fondi di mutualizzazione per la stabilizzazione del reddito delle imprese previsti dal Piano nazionale dello sviluppo rurale 2014-2020 in caso di perdite causate da un drastico calo del reddito.
Con il piano cerealicolo - continua la Coldiretti – sono necessari pure il sostegno all’innovazione e il rinnovamento dei centri di stoccaggio cerealicolo soprattutto nel Mezzogiorno, anche al fine di preservare al meglio la qualità, ma nel mirino sono anche le difficoltà di funzionamento dell’attività borsistica delle Camere di Commercio (Milano, Bologna, Roma e Foggia) che, di fatto, agevolano il fenomeno speculativo attraverso la scarsa trasparenza nella formazione del prezzo. Questo - conclude la Coldiretti - rende necessario ed urgente il riordino di tutta la materia attivando immediatamente una Commissione Unica Nazionale (CUN).
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