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Con Bruno Barbieri al Berberè

20 Febbraio 2013
Metti una sera a cena...
Metti una sera a cena... nella provincia bolognese, in una pizzeria che si trova in un piccolo centro commerciale. Una sera di quelle nelle quali sei stanca morta perchè hai avuto una giornata piena e faticosa. Una sera nella quale vorresti svaccarti sul divano e non pensare.
Invece, quella sera, ti trovi appollaiata in un microtavolino sotto al bancone, con una enorme luce proprio sopra di te che t'impedisce di fotografare i piatti, una collaboratrice simpatica come Roberta Libero a fianco e... Bruno Barbieri.

Bruno, che conosco da vent'anni, che stimavo e apprezzavo come cuoco prima che diventasse una star televisiva. Preferirei fosse conosciuto più per la sua cucina, così legata al territorio eppure innovativa, che per il fatto che è giudice a Masterchef. Perchè le sue stelle se le è guadagnate sul campo, come un generale, fin dai tempi lontani delle navi da crociera, al Trigabolo di Argenta, con Igles Corelli, e alla Locanda Solarola di Castelguelfo.

Bruno, riservato e al contempo sempre sorridente e disponibile, che ci ha proposto, coadiuvato dalla brigata di cucina del Berberè, alcuni suoi capolavori.

Antipasto: frullato di avocado al limone verde con battutina di scampi, noci e uova di salmone.
Incredibile il contrasto tra la morbidezza vellutata dell'avocado (un ricordo dei Caraibi e del Sud America che così ami, Bruno?) e la ruvida vena amara della noce, con la dolce freschezza dello scampo battuto a coltello. Un gran piatto, enorme nella sua semplicità.

In abbinamento Alfiere, di Croci, uno Spumante Pas Dosè Metodo Classico a base di ortrugo in purezza, 18 mesi sui lieviti, molto delicato, lievemente fruttato. Credo sia una delle massime interpretazioni che questa uva possa dare di sè.

Zuppa: acqua di pomodoro e pizza bruschettata con capesante brasate al prezzemolo.
Questo piatto mi riporta all'infanzia, quando nelle campagne emiliane si raccoglievano i pomodori, si salavano appena e si mangiavano, "tocciando" il pane nel sughetto che si era formato con l'acqua di vegetazione. È un piatto stupefacente nella sua immensa povertà, a dimostrazione che non servono troppi ingredienti, troppe spezie, troppa lavorazione per creare un capolavoro. Morbida e gustosa la capasanta, cotta alla perfezione.

In abbinamento una vecchia e sempre gradevole conoscenza: Montefreddo, Pignoletto dei Colli Bolognesi Classico, che amo molto perchè conserva alla bocca la vena amara varietale che troppi produttori cercano di nascondere, e che invece, secondo me, rende unico questo vitigno ancora così poco conosciuto.

Primo: quadrucci in brodetto di conchiglie e zafferano. La sapidità delle conchiglie in contrapposizione alla tendenza dolce della pasta all'uovo e del calamaro: un equilibrio invidiabile.

In abbinamento un fuori zona: Champagne Gimonnet Oger - 1er Cru Blanc de Blanc. Piccolo vigneron indipendente (anche se con 28 ettari esclusivamente a chardonnay nella Côte des Blancs proprio piccolo non è...) suadente al naso, abbastanza ricco in bocca, veramente piacevole...

Poi, come secondo, un'altra delle passioni di Bruno: il cervo, carne dal sapore forte, difficile da cucinare, da domare, da abbinare.
Pietanza: Bocconcini di cervo con frappè di patate, broccoli e crema acida.

In abbinamento Rosso di Cerasa di Guccione, 50% perricone e 50% nerello mascalese, un siciliano "anomalo", poichè del nerello che conosciamo, quello abbarbicato sulle pendici dell'Etna, ha solo il sentore di frutta rossa al naso, mentre alla bocca è sorprendentemente leggero, con note salmastre e minerali, fresco, senza l'alcolicità che caratterizza i vini isolani. Una bella (ri)scoperta, un bell'abbinamento, curato, come tutti gli altri, da Tiziano Ferriani.

Dolce: cannolo alle mandorle con ricotta in frullato di pere e cannella

In abbinamento... forse mi sono persa qualcosa, ma stavo abbracciando Bruno, per cui mi perdonerete...
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