Era qualche tempo fa. La cara amica Greca, che come me vive a Vienna e lavora come docente al Dipartimento di Etnologia Europea dell’UNI WIEN, mi mandava un breve e felice sms nel quale mi invitava per un caffè, rito viennese per eccellenza. Ci si trovò e, come spesso accade, ecco uscire dalla borsa di Greca un tesoro: un piccolo vaso di miele di Eucalipto “Le Tre Api” arrivato fresco fresco dalla Sardegna, terra madre per Greca e per la sua famiglia di storiche tradizioni apistiche.
“ Questo è il miele di papà” mi disse. Papà Romano è uno dei grandi Maestri api-cultori sardi; fatto di api, di propoli, di silenzi saggi e di profondi ronzii. Così questo miele straordinario proveniente dalla Riserva Naturale del Monte Arcosu arrivò alla mia colazione. Ne scrissi su FB, misi una foto e tutto sarebbe potuto finire lì. Ma la cara amica Laura Rangoni, nonchè super Direttora di Cavoloverde.it , lanciò una proposta: “Perché non ci scrivete un bell’articolo per il Cavolo su questo miele così magico e buono? Magari a quattro mani, che ne dite?” Sfida lanciata, sfida accettata.
Per questo, eccoci qui a scrivere di Eucalipto e dei suoi mieli.
Sì, dico mieli perché diverse sono le specie di questa mirtacea, pianta di origini australiane che ragiona molto con i suoi terroir, con i suoli, e di conseguenza prende decisioni sulla composizione dei suoi nettari che le api traducono in racconti tra loro profondamente diversi. Ma voglio lasciarvi ora alle belle righe di Greca che cita in apertura dei suoi pensieri scritti un nostro grande amico api-cultore e prosegue poi con il suo punto di vista antropologico sul tema Eucalipto.
“Il suo odore è quasi animale, di liquirizia, talvolta sensibilmente affumicato, con note complesse di fungo porcino secco, dado da brodo, dulche de leche. È bilanciato tra dolce e salato, a tratti leggermente piccante, con il caratteristico finale umami.”
Così Andrea Paternoster descrive il miele di eucalipto nel suo “Mielicromia” un interessante catalogo dei mieli il cui formato imita la tabella colori per tinte da muro.
L’eucalipto è il miele che molti definiscono “normale”, il miele di tutti i giorni, a volte erroneamente considerato un miele di poco pregio perché molto comune. Complice forse il fatto che l’eucalipto, pianta originaria dell’Australia, grazie all’azione dell’uomo è una pianta diffusissima in vaste aree del mondo anche molto lontane dal suo paese d’origine. In Italia fu introdotta tra ‘800 e ‘900, principalmente per rimboschimenti oppure per bonificare le terre, come successe in varie zone del meridione, tra cui la Sardegna.
L’eucalipto era considerato una pianta “amica” dell’uomo che grazie alla sua capacità di assorbire grandi quantità di acqua si presentava come uno strumento utile per bonificare gli acquitrini che erano il luogo per eccellenza di diffusione della malaria, per via della presenza delle zanzare. In epoca recente in Sardegna, le vicende dell’eucalipto sono anche legate alla cartiera di Arbatax che negli anni immediatamente successivi alla sua apertura, nel 1963, arrivò a soddisfare circa il 60% del fabbisogno nazionale di carta.
Oggi, nonostante la cartiera sia chiusa da qualche tempo, gli eucalipti continuano ad essere coltivati, in Sardegna come altrove, ed a trovarsi al centro di un grosso dibattito fatto di amore e odio per una pianta di straordinaria utilità dal punto di vista economico, ma anche considerata il simbolo più evidente del degrado della biodiversità. Ma coloro che si schierano totalmente contro questa pianta “terribile” spesso non sono a conoscenza del suo valore nel comparto apistico.
Per gli apicoltori, l’eucalipto rappresenta non solo una delle produzioni più consistenti dell’anno, fino a 200 Kg/ha, ma soprattutto la possibilità di sostenere le proprie famiglie d’api in un periodo secco come l’estate, che diversamente offre poco o nulla per sfamare le api.
Il miele di eucalipto è un miele straordinario che forse più di altri racconta di questo forte legame tra l’uomo e gli altri esseri non-umani. A ben vedere, più che l’evidente segno del degrado e della perdita della biodiversità, i boschetti di eucalipto sono la testimonianza più vivida della storia dell’uomo e del suo rapporto inestricabile con gli altri esseri viventi.
Per chi è in grado di leggere il paesaggio e scrutarne le tracce dell’azione dell’uomo senza pregiudizi, l’eucalipto diventa una straordinaria testimonianza della capacità dell’uomo di collaborare con gli altri esseri viventi non umani senza necessariamente che questo ci si trovi di fronte a una irreparabile perdita di qualcosa, in questo caso la biodiversità, quanto piuttosto un enorme arricchimento.
Il miele di eucalipto è infatti tutto fuorché lo stesso in ogni parte del mondo.
Ottima Greca, hai colto il punto. Mai uguale a se stesso, ma essere vegetale vivente che ragiona con i suoli, i climi, l’umidità di cui è molto esperto, con i venti che domina e questo lo porta a modificare prontamente la composizione dei propri nettari, da cui una varianza nei mieli di Eucalipto che può essere sorprendente. Ecco perché quando su un vasetto di miele leggete “Miele di Eucalipto” e stupidamente nessuna parola viene aggiunta per indicarne il terroir di provenienza avete purtroppo una informazione banale e parziale di ciò che state per portare sulle vostre tavole, nelle vostre colazioni e nelle vostre ricette.
Ma partiamo con ordine.
Prima di tutto perché l’Eucalipto si chiama così? Il suo nome significa in greco “coperto”, “ben nascosto”. Eu- bene /Kalipto-nascondo; nascondo bene. Ma coperto o nascosto bene dove, come e perché? È nel suo fiore la risposta. Un fiore chiuso, i cui petali coprono, “nascondono “gli stami proprio a protezione degli stessi.
Le api con la loro maestria, che non ha eguali tra gli insetti pronubi, accarezzano, posandovisi, questi fiori delicati e protetti. L’albero, che capisce perfettamente da chi proviene la carezza, si rilassa, si apre, e lascia che l’ape entri senza fatica nel fiore e colga il prezioso nettare nel fondo del suo calice.
Da questo nettare, che può essere raccolto il due diversi periodi dell’anno essendo tra gli Eucalipti soggetti precoci come il Camaldulensis, a fioritura estiva o tardivi come il Globulus che fiorisce tra inverno e primavera, le api ricavano mieli straordinari a massiccia presenza di fruttosio e con una presenza pollinica esorbitante che va oltre il 90%.
Nel miele prodotto da Globulus, miele tardivo e molto più raro, le note aromatiche arrivano a livelli impensabili. Umami a mille, liquirizia netta, note affumicate uniche e il piccante a volte canta alto. Per queste caratteristiche il miele di Eucalipto è un attore che in cucina va chiamato a recitare solo se diretto da grandi registi-chef che conoscano bene le sue corde profonde e potenti. Inoltre è uno dei mieli che naturalmente arriva a un’umidità vicina al 14% che ne fa un miele dalla densità straordinaria. Un miele che cristallizza velocemente con cristallo fine che dona allo stesso tonalità di colore tendenti al grigio ambrato. Il sale è evidente al palato specie nel miele di Eucalipto tardivo, la cui potenza può essere strabiliante. Un miele per veri intenditori.
Il miele del Globulus, io e Greca lo stiamo attendendo a Vienna da tempo. Il mio grande amico Giovanni Lucanto, che in Calabria con gli Eucalipti tardivi fa veri miracoli, lo chiede alle sue api in zone della Sila Piccola che assomigliano ad un vero e proprio paradiso terrestre. Ma ne parleremo, ve lo promettiamo.
Buoni mieli a tutti.
Greca N. Meloni & Fausto Delegá
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