Voi cosa usate per mangiare? La bocca mi direte; alcuni i denti, le mani, le posate, a seconda dell’interpretazione che si fa della domanda.
Ecco, sono tutte risposte corrette ma incomplete. Perché per mangiare io ho imparato a usare tutti e cinque i sensi. E dovreste imparare a farlo anche voi.
A parlarmi di questo concetto è stato per la prima volta Gabriele Savino, coach specializzato in educazione alimentare; pochi giorni dopo mi capitò di aver fame, ero in casa e avevo una merendina, mi pare di ricordare fosse una Kinder Delice o una Fiesta, e decisi di mettere in pratica quello che mi aveva detto: provare a mangiarla usando tutti e cinque i sensi.
Il fatto è che – come gli eroi Marvel hanno i superpoteri noi – umili esseri umani, abbiamo i nostri, solo che non sappiamo sfruttarli. I nostri superpoteri sono, appunto, i nostri sensi. Cinque per gli uomini. Sei per le donne. Potrei scriverci sopra un articolo, sul sesto senso delle donne, vedrei flotte di loro annuire leggendo del loro potere nel capire le situazioni, intuire le sensazioni, percepire le emozioni che le circondano. E poi, puntualmente, ignorare il tutto attaccate come sono al pragmatismo della vita quotidiana. Ah, se fosse dato più spazio ai sensi e meno alla ragione, chissà dove saremmo arrivate, tutte noi.
Accantonato quindi il sesto, di senso, concentriamoci sugli altri cinque.
La vista, il primo senso che ci fa percepire il mondo circostante, il primo senso con cui accogliamo il piatto che ci viene posto sotto il naso. Per quanto possa essere una pietanza profumata, state certi che la prima cosa che salterà all’occhio sarà, appunto, l’aspetto.
I colori, le forme, l’impiattamento, le superfici, i materiali utilizzati. Ricordo anni fa quando, per un concorso fotografico in cui c’era in palio una bottiglia di Crystal, mi venne sfilato il primo posto da non ricordo quale azienda con la motivazione che – nonostante la foto della mia vignarola fosse risultata la più votata – era poco colorata (avendo una dominante di verde sottobosco) e quindi ritenuta poco appetibile. I colori di un’altra foto vinsero e qualcuno sbocciò alla faccia mia. Questa digressione per dirvi quanto sia importante la vista nel godere dell’esperienza culinaria che vi apprestate a fare.
Dopo l’aspetto entra in gioco l’olfatto, se la pietanza è calda l’odore si sprigiona e ci descrive gli ingredienti, che i più allenati sapranno cogliere, arriva a solleticare le nostre radici, a volte – se è molto allettante – arriva a farci produrre saliva, una spontanea reazione dell’organismo che si prepara ad accogliere il cibo e a iniziarne la digestione già in bocca. Se, viceversa, il cibo è freddo, consiglio di portarlo alle narici e annusarlo, molto probabilmente vi regalerà comunque un’emozione.
Fatto questo arriva il momento del tatto, e per tatto si intente la sensazione del cibo nella bocca. È una coccola calda come una minestra in inverno? È rinfrescante come un gelato in estate? È croccante e poi scioglievole come un cioccolatino ripieno? Frizza come la polverina chimica delle caramelle in bustina che tanto piacciono ai ragazzini? Ecco, qualsiasi sia la risposta l’atteggiamento deve essere sempre e solo uno: fateci caso.
Strettamente legato al tatto ci sarà l’udito. Pensate sia un caso se l’Algida ha fondato i suoi spot anni 2000 sul suono che fa un gelato Magnun quando si frantuma sotto i denti? Quel “troc” così avvolgente e suadente da essere sensuale. Ma può davvero il rumore di cioccolato che si rompere essere seducente e sensuale. Sì, può. Datemi retta.
In ultimo, il gusto. Perché la conclusione di ogni atto di degustazione è e sarà sempre l’assaggio. Gustatevi il primo boccone, non scorderò mai la cara Barbara David quando mi insegnava che “il 90% del piacere sta nel primo assaggio”; accoccolatevi mentalmente su un’amaca e lasciatevi cullare dal sapore che il cibo sprigionerà nella vostra bocca.
Fatevi avvolgere dalle sensazioni che proverete ma – soprattutto – quando avrete fatto il percorso che vi ho elencato, dando il giusto spazio a ogni senso, a ogni emozione sprigionata, vedrete che il vostro pasto, spuntino o qualsiasi cosa sia, avrà potuto esprimere tutto il suo meglio e voi ne avrete preso e goduto per il suo massimo. Vi posso assicurare che, sia che si tratti di una pasta integrale con burro e parmigiano, sia che si tratti di una fetta di torta al cioccolato fondente, di una bistecca al sangue o di un carpaccio di zucchine con scaglie di Grana, insomma, di qualsiasi piatto si tratti, l’esperienza del “mangiare” si rivelerà come un qualcosa di intenso e nuovo rispetto al nutrirsi.
Vicedirettore di questa rivista nonché blogger, giornalista, laureata in comunicazione, parlo di food ma non solo; recensisco locali ed eventi, racconto di persone e situazioni su siti e riviste. Qui su Cavolo Verde – sperando di non essere presa troppo sul serio – chiacchiero, polemizzo, ironizzo, punzecchio e faccio anche la morale.
In sintesi? Scrivo – seriamente – e mi piace. Tanto.
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