Sono anni che conosco Filippo Ruggieri, frequento la sua gelateria romana al Pigneto e soprattutto mangio il suo gelato. Lo mangio perché è buono, genuino, a filiera corta, certo, ma non sono le uniche ragioni: alla pluripremiata Gelateria del Pigneto ci si passa anche solo per fare due chiacchiere, ci si dà appuntamento con gli amici, ci si ferma prima di rientrare a casa dal lavoro. Sarà la caratteristica flemma di Filippo, le piante che sistema un po’ ovunque per abbellire il negozio e la via; saranno i bambini che giocano in strada come in un paese o le signore che ciarlano sulla panchina; una cosa è certa: la gelateria di Filippo finisce per diventare una tappa fissa al Pigneto. Lì ti dimentichi del caos cittadino e ti senti, sì, quasi in vacanza.
Ma adesso qualcosa di nuovo bolle in pentola, qualcosa di grosso stavolta.
La notizia sta lentamente trapelando, tanto che l’altro giorno in gelateria c’era perfino il sindaco, Virginia Raggi! Ed è giunto il momento di svelare l’arcano anche ai lettori di Cavolo Verde.
Tutto nasce da una notte insonne durante il lockdown per l’emergenza Covid-19 – dice Filippo. C’è chi conta le pecore e invece – e aggiungerei per fortuna – Filippo pensa. E quella notte Filippo pensava a tutte le attività chiuse, in particolare quelle del suo settore, la ristorazione: molte avevano da poco visto la luce e lui era angosciato all’idea di cosa sarebbe successo dopo: in tanti probabilmente non ce l’avrebbero fatta a riaprire. E rifletteva sui giovani alla prima occupazione e sulle difficoltà della ripresa. Mi sono chiesto cosa avrei potuto fare io nel concreto – racconta – come avrei potuto rendermi utile con la mia attività ed è stato così che mi è venuta l’idea: quando le condizioni lo avrebbero consentito,
io avrei semplicemente messo a disposizione la mia gelateria, quello che so fare, la mia esperienza; avrei formato i giovani e l’avrei fatto gratuitamente.
E così è nato il progetto Kairos.
Oggi siamo ancora nella fase preparatoria – continua Filippo – occorre l’appoggio delle istituzioni, ci si costituirà in cooperativa sociale, si chiederanno i finanziamenti europei per creare una sorta di piccolo reddito a chi seguirà la formazione e sto già raccogliendo le candidature: la precedenza naturalmente verrà data ai giovani appartenenti alle categorie deboli: rifugiati, portatori di handicap, donne che non riescono ad accedere al mondo del lavoro, ex detenuti ed ex tossicodipendenti in fase di reinserimento. E prosegue: Io ci metto il contenuto, ma serve il contenitore e l’occasione va colta al balzo.
Sai perché ho chiamato Kairos la mia iniziativa? Perché Kairos era la divinità greca che personificava il tempo giusto, il momento opportuno;
il dio era raffigurato come un giovane rasato sulla nuca, a indicare che bisognava acciuffarlo al volo perché, una volta passato, sfuggiva per sempre. Filippo aggiunge: E il momento giusto è questo, un momento storico paragonabile ai periodi post bellici, dove la ripresa dipende più che mai dalla volontà e presuppone un grande cambiamento. Io credo che tutti ne siano consapevoli. Pensa che Kairos è stato concepito da me come un’idea di rinascita per e nel quartiere e invece la cosa sta assumendo proporzioni inimmaginabili: mi chiamano società, istituti alberghieri, istituzioni. Sono sbalordito, fiero e ovviamente molto fiducioso e pronto.
Senza dubbio un’idea vincente quanto semplice: l’apprendistato in bottega, una consuetudine che negli ultimi decenni è andata scomparendo e che forse con la fase tre andrà riconsiderata. Noi almeno ce lo auguriamo, ci auguriamo che tanti giovani trovino la loro strada e conoscano l’unico contagio che può davvero creare anticorpi per la vita: quello di chi, nel proprio lavoro, ci ha messo passione ed entusiasmo.