Rimaniamo tra i simboli, dolci e commestibili, della Pasqua. Oltre alla famosa colomba, della quale vi ho già parlato, esiste un altro simbolo classico delle feste pasquali, amato dai bimbi per il suo interno: la sorpresa che appunto deve… sorprendere, e poi amato per il suo esterno che, se ricercato con cura, può essere di ottimo cioccolato, magari fondente, minimo 75% se possibile, almeno per quanto mi riguarda.

Ma l’uovo di cioccolato quando, come e dove è nato?

Dobbiamo andare a prima del 1789, data nodale per certe teste coronate, per trovare chi propose per primo al suo cioccolatiere di produrre un uovo di cioccolato. E siamo ovviamente in Francia e parliamo del famoso Re Sole, Luigi XIV, sul cui regno il sole si diceva mai tramontasse.
Fu lui ad avere l’idea di creare un “uovo di cioccolato” che fosse legato alle feste per la Pasqua ed entrasse nei cibi prelibati e tra i doni di quel periodo dell’anno. Diede un ordine ai suoi cioccolatieri che eseguirono il primo uovo pasquale di cioccolato.

La scelta però di regalare uova di tutti i tipi, naturali prima e poi di cioccolato per il periodo della Pasqua, era già, all’epoca del Re Sole, una consuetudine che veniva dal lontano medio evo.

L’uovo da sempre è simbolo della fecondità e della vita. E proprio il suo valore simbolico fu sempre rilevantissimo presso molte culture.

In diverse tradizioni religiose Terra e Cielo si univano e formavano proprio un uovo come luogo dove sbocciava la vita. Se tornassimo a guardare poi la produzione simbolica all’epoca dei faraoni scopriremmo che proprio l’uovo era anche per gli Egiziani l’origine di tutto e il crogiolo sacro dove si riunivano tutti insieme i quattro elementi (aria, acqua, terra e fuoco).

L’uovo è poi indissolubilmente legato alla primavera e in primavera la natura risorge. Ecco che allora, in quella stagione, anche i Persiani amavano ad esempio regalarsi proprio delle uova in questa prima bella e tiepida parte vitalissima dell’anno. Si festeggiava così il clima tiepido e profumato che metteva la parola fine a inverni gelidi e molto duri in quei tempi.

A seguire poi arriva tutta la procedura dei riti cristiani legati alle uova. Il cristianesimo prende spunto da tutte queste tradizioni “ovaiole” e le reinterpreta alla luce delle Nuove Scritture.

L’uovo diventa così il simbolo che coglie il vero significato del miracolo della Resurrezione di Cristo.

Proprio in periodo medioevale invece arriva poi l’uovo sodo, colorato o dipinto in modo artistico. Era un regalo consueto ad esempio in Germania e anche in Austria. Questa tradizione permane a tutt’oggi e a Vienna ad esempio, in tempi non virali come gli odierni, i mercatini pasquali sarebbero in ogni piazza del centro, con decine di bancarelle ricolme di uova lavorate, intarsiate e dipinte in modo artistico veramente ammirevole.

Oltre alle uova vere e commestibili derivate dalla deposizione di vari volatili e spesso intarsiate o dipinte, era poi diffusa l’usanza tra i nobili di regalarsi tra loro uova preziose. Create con metalli preziosi come argento, oro o addirittura in platino. Uova preziosissime che divennero una vera e propria arte ad esempio nella Russia degli Zar con le famose uova Matrioska.

Questa tradizione delle uova di ceramica decorate con colori e metalli preziosi è arrivata fino al XIX secolo e nella Russia degli zar l’arte della loro fabbricazione raggiunse vette ancora oggi ineguagliate. Merito dell’orafo di corte di S. Pietroburgo, Peter Carl Fabergé che fu incaricato dallo zar Alessandro III di preparare per la zarina delle meravigliose uova decorate. Una collezione che nel tempo divenne collezione imperiale, d’inestimabile valore, che vanta a tutt’oggi, conservate nei grandi musei russi, ben 52 esemplari stupefacenti e unici al mondo per bellezza ed eleganza.

Il primo uovo che fu realizzato da Peter Fabergé era in platino, smaltato di bianco. Ma la meraviglia fu che questo uovo in platino al suo interno conteneva un altro uovo. E questo uovo interno era in oro. Ma la sorpresa non finiva lì. L’uovo d’oro infatti conteneva altri due doni o due sorprese se preferite: una riproduzione della corona imperiale e un pulcino dorato.

La produzione dell’orafo di corte Peter Fabergé fu enorme, smisurata.

Si interruppe solo nel 1918 perché la “Casa Fabergé” venne nazionalizzata dai bolscevichi. Diciamo che questi ultimi non spiccavano in amore per la raffinatezza, l’eleganza e la classe. La loro alquanto discutibile dote era la violenza sbrigativa e becera. Il grande orafo non si riprese mai dallo shock della Rivoluzione Russa e morì due anni dopo.

Ecco perché oggi nell’uovo di Pasqua troviamo sempre una sorpresa che incuriosisce bimbi e adulti. È insomma meritò di Fabergé che inserì nelle sue uova “dorate” le prime e regali sorprese. Ma non tutti gli storici su questo concordano.
C’è chi infatti ricorda e afferma che già nel Settecento, dalle parti di Torino, c’era l’usanza diffusa di inserire un piccolo dono dentro le uova di cioccolato. Probabilmente noi Italiani ci avevamo già pensato prima. La creatività e la capacità di sorprendere non è mai stata carente tra gli abitanti dello stivale. Buone uova a tutti e Buona Pasqua.

 

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Vive in Austria, a Vienna, dal 2014. Studia, scrive e collabora con le sue “ragazze ronzanti” che volano e producono mieli nelle foreste viennesi. Api-cultore, mielosofo, amante della Sapienza applicata al cibo. Libero pensatore nato a Mantova nel secolo scorso. Dice di se: “Vengo… non so da dove. Sono… non so chi. Muoio… non so quando. Vado…non so dove. Mi stupisco di essere lieto.
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