Ho avuto l’idea di questa rubrica una mattina, stavo ricapitolando il mio Gennaio 2020 sotto vari punti di vista e ho pensato “perché non scrivere dei locali che ho visto, scoperto o anche solo frequentato?” E’ così che prendono il via una serie di pezzi, a cadenza mensile, dove vi racconterò dei miei luoghi, quelli dove capito sovente o per la prima volta. Sperando che vi siano d’ispirazione ma senza la presunzione di esserlo.
Grano, Frutta e Farina Bistrot
Il mio Gennaio si è aperto all’insegna dei posti belli. E buoni. La mattinata del Primo dell’anno l’ho passato con un’amica, alla ricerca di un posto carino dove fare una tarda colazione. Pur stando in pieno centro romano le opzioni scelte avevano la serranda abbassata ma – gira che ti rigira (letteralmente parlando…) siamo arrivate in Via della Croce e qui abbiamo trovato Grano, Frutta e Farina Bistrot, un localino sui toni del verde pistacchio, deliziosamente curato, con carta da parati a righe (adoro!) e boiserie (vedi sopra!); quel giorno poi, l’atmosfera era resa ancor più coccolosa dalle lucine e da delicati addobbi natalizi. Qui si può fare colazione con lieviti, spremute e Co. ma anche pranzare e restare a chiacchierare beandosi dell’atmosfera da fiaba che vi si respira.
Pupillo Pura Pizza
A distanza di un paio di giorni, dopo vari tentativi di organizzare con un paio di amiche, è arrivato il momento della nostra gita fuori porta in una delle pizzerie di Luca Mastracci. Luca è un giovane pizzaiolo che ho conosciuto anni fa, quando lavorava nella pizzeria di Pier Daniele Seu al Mercato Centrale di Roma Termini. Di Luca salta agli occhi la scintilla che si porta dentro, una voglia di fare e di creare che manca a tantissimi giovani della sua età che vedo spesso spaesati davanti alla vita. Luca è diverso, la passione per il suo lavoro la sprizza da ogni poro e dopo aver aperto anni fa la sua prima pizzeria “Pupillo Pura Pizza” a Priverno, eccolo a distanza di poco bissare con l’apertura a Frosinone. Non vi parlerò certo della qualità delle pizze, o del suo amore e attaccamento al territorio, che lo porta a selezionare personalmente i piccoli produttori da cui si rifornisce per creare le sue pizze, non vi racconterò nemmeno di quando è stato premiato come “Miglior Pizzaiolo Emergente 2019”, le parole sarebbero davvero superflue, però vi dico una cosa, e potete credermi: la pizza di Luca vale ogni chilometro fatto per arrivare a mangiarla.
Pasticceria La Dolcecassia
Per noi che siamo di zona la Dolcecassia è un’istituzione da decenni. La prima sede fu nel piccolo quartiere de La Giustiniana; ci si andava la Domenica mattina a prendere le grandi paste dolci (chiamate all’epoca “pastarelle”) per il pranzo con i parenti o da portare a casa di amici. La carta verde con decori geometrici che usavano e usano tutt’ora per incartare i dolci riporta alla mente ricordi di cioccolata, grandi bignè, diplomatici e cannoli di sfoglia. Nel tempo le pastarelle di sono trasformate in mignon, la sede si è spostata nel quartiere più periferico de La Storta, a due passi dall’Olgiata e, oltre alla classica pasticceria, due salette e un dehors ospitano i clienti che, come è capitato a me per un paio di pomeriggi, vogliano passare qualche ora in compagnia, sorseggiando un tè, una tisana o un caffè. Un luogo accogliente dove rifugiarsi.
Osteria Iotto
Avevo bisogno di un posto in provincia per festeggiare il compleanno di mio padre e quando sono in cerca di consigli so bene a chi rivolgermi. La mia amica nonché blogger “Senzapanna” è una certezza, lei è informatissima e ne conosce tanti di posti, di quelli buoni davvero. Mi ha nominato, tra i vari, questa Osteria di Campagnano di Roma, e mi sono subito ricordata di quando ci ero passata davanti e di come la mia amica che vive proprio a due passi mi aveva detto “dovremmo provarla, mi sa che qui si mangia bene…” e così la scelta è stata facile: Osteria Iotto per il pranzo della Domenica.
Abbiamo mangiato bene, davvero, ma quello che più mi ha colpita sono state alcune proposte del menù. Trovare la parmigiana di gobbi (che sarebbero poi i cardi) e il ramoraccio selvatico tra i contorni è stata una bella sorpresa, una di quelle cose che ti restano impresse e – di conseguenza – ti fanno rimanere nella memoria un luogo, dove a tavola non solo hai mangiato bene ma il tuo palato non si è annoiato, ritrovando sapori romani che non sono da tutti ma è bello diventino per tutti.
Osteria Sette
Evidentemente Gennaio è stato il mese delle osterie perché, a ragionarci ora, ne ho provate addirittura tre.
L’Osteria Sette è stata una simpatica scoperta, complice un’amica che voleva farcela provare, lei, io e la cavolina Manuela ci siam state a cena una sera di un tranquillo feriale; Osteria Sette è un locale senza menù, dove i piatti proposti te li legge chi prende l’ordine, dove la forchetta dei prezzi è appesa in bellavista sui muri e dove l’arredo ti fa pensare di stare a casa della nonna, credenze e sedie tra campagna, dopoguerra e miracolo italiano. Da provare? La carbonara, rinomata, abbondante e ben presentata è cotta e mantecata al punto giusto.
Barred
Quando si va in giro con le foodie non si fa mai cilecca. Ecco quindi una serata a sette che si preannunciava così come si è rivelata: allegra e di gusto, trascorsa da Barred, a due passi da Piazza Re di Roma, un posto piccolo ma cazzuto, con il carattere nel piatto. Abbiamo scelto l’opzione “tre tapas” che prevede tre porzioni ridotte a scelta nel menù, un menù tutto da scoprire dove l’imbarazzo è nella scelta e i sapori sono tutti azzeccati. E poi la cura dei particolari, quelli che accompagnano e fanno da sottofondo al tutto, come il pane del forno Roscioli e l’olio Flaminio. Non credo servano commenti, è decisamente un posto dove tornare.
Osteria Dar Bruttone
Per lavoro o per diletto il mese di Gennaio si è concluso a tavola. Un’ennesima osteria e un’ennesima scoperta. Dar Bruttone, dove Giuseppe – il proprietario – ci ha fatto provare un antipasto misto che comprendeva una ventina di assaggi tra formaggi, salumi e altre piccole chicche. A seguire abbiamo provato (eravamo in cinque) una quindicina di portate tra primi, secondi, contorni, dolci e qualche extra. Alla luce del fatto che abbiamo assaggiato quasi tutto il menù senza fare prigionieri (leggi: abbiamo finito ogni portata servita) posso affermare senza timore di essere smentita che, all’Osteria Dar Bruttone, abbiamo mangiato proprio bene.
A rileggerci con le scorribande del prossimo mese.
Foto di copertina by Nate Johnston on Unsplash
Vicedirettore di questa rivista nonché blogger, giornalista, laureata in comunicazione, parlo di food ma non solo; recensisco locali ed eventi, racconto di persone e situazioni su siti e riviste. Qui su Cavolo Verde – sperando di non essere presa troppo sul serio – chiacchiero, polemizzo, ironizzo, punzecchio e faccio anche la morale.
In sintesi? Scrivo – seriamente – e mi piace. Tanto.
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