Al contrario di quel che si crede, gli antichi Romani, ricchi e poveri, pasteggiavano spesso con frutta e verdura.
Anche nei grandi banchetti venivano serviti vassoi di legumi e frutta, che costavano decisamente meno rispetto alla carne ed erano anche di più semplice reperibilità.
Al tempo infatti era facile trovare frutta, verdura e anche radici in grande quantità nell’ambiente circostante e certo erano anche più economici. Per quanto riguarda la frutta, i Romani potevano scegliere tra parecchie varietà di pere, mele, fichi e uva. Erano questi alimenti infatti, che imbandivano spesso le tavole di ricchi e meno abbienti.
Spesso i frutti erano anche legati ad alcune tradizioni che si legavano al sacro.
I fichi, per esempio, che potevano essere mangiati sia secchi che freschi, erano considerati sacri perché spesso quando si aprivano poteva sgorgare un liquido bianco, che ricordava il latte. Era questo il motivo, quindi, per il quale erano sacri alla Dea Rumina, una dea antica protettrice dell’allattamento, alla quale era dedicato il Ficus Ruminalis nel Foro Romano.
Una delizia era il piatto chiamato “pizza e fichi” ossia fichi accompagnati da focacce. Persino a Pompei sono stati ritrovati dei dipinti che rappresentavano questo piatto molto amato, considerato quasi uno spuntino da street food.
Un posto d’onore lo merita la melagrana, uno dei frutti più interessanti in questa rapida carrellata sugli usi gastronomici antichi.
Era un frutto che non mancava mai nei giardini romani e ricordava la storia di Persefone, figlia di Demetra, che, rapita da Ade, non può andarsene dagli Inferi perché là ha mangiato sette grani di melograno. Frutto autunnale, era considerato l’emblema della saggezza e della conoscenza delle cose. Tra le varietà di mele, invece, troviamo la malum musterium, una mela ottenuta incrociando il cotogno con il melo comune. Veniva apprezzato il sapore molto aspro che la caratterizzava.
Photo Credits: taccuinigastrosofici.it
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