Tra le rubriche che arricchiscono la proposta editoriale di questo magazine, trovate quella che raccoglie recensioni di locali et similia, “Cavolo che pranzo!” che vede come sottotitolo “elogio del food sotto casa”.
È doveroso precisare alcuni concetti, cari alla redazione tutta.
“Che pranzo” è indicativo dell’atto di mangiare, nutrirsi, difatti raccogliamo spunti e suggerimenti su locali, ristoranti, bar, botteghe o mercati dove andare a procurarsi del cibo, in qualsiasi forma esso venga venduto, che sia un banco rionale, che sia una bottega centenaria, che sia una pasticceria piuttosto che un ristorante stellato. Noi parliamo di cibo. In tutto il suo splendore culinario.
“Elogio”: un animo belligerante avrebbe desiderato una rubrica pregna di recensioni severe ma giuste, dove poter redarguire chi non regge lo standard del Cavolo e chi non merita una pubblicità gratuita e sincera da parte nostra; si è invece optato per sostituire l’angelo vendicatore dei palati martoriati con un custode del buono, un supereroe mascherato con forchetta e coltello tra le mani.
Noi redattori incappiamo, per diletto o per lavoro, in eventi, cene, tour gastronomici, perchè questo – inevitabilmente – è parte integrante del nostro lavoro di informatori (anche) food e della vita quotidiana di ognuno di noi.
Per la legge dei grandi numeri non tutte le volte che ci troviamo ad avere a che fare con un opening, con un evento, con una novità o riconferma enogastronomica ne restiamo soddisfatti. Capita, succede, è umano e normale, non tutte le ciambelle riescono col buco e mai detto calza più a pennello di questo.
Ora, la scelta sul come agire, cosa fare, cosa scrivere è questa. Noi di Cavolo Verde non pubblichiamo recensioni negative per il semplice fatto che abbiamo scelto di rispettare il lavoro di ognuno, dietro ogni impresa ci sono persone, posti di lavoro, ci auguriamo anche passione, dedizione e serietà per cui vogliamo rispettare il buono e il sano di ogni esperienza ed evitare di salire in cattedra. Ma, c’è un “ma”.
Non scrivere articoli sull’ultimo ristorante dello chef vattelappesca, aperto in località “tal de tali” con traballante esito non lo mette al riparo dalle critiche altrui (o quantomeno così dovrebbe funzionare il giornalismo come ci è stato insegnato).
Per questi motivi i redattori del Cavolo si prendono la briga di informare la cucina, la direzione, la proprietà o l’ufficio stampa, di cosa – a loro umile parere – non va, cosa non è andato, cosa andrebbe migliorato, cambiato, eliminato. Immaginateci come dei gargoyle che svolazzano alle vostre spalle, posando la loro gelida zampina sulla vostra spalla, bussando con le loro nocche per avvertirvi “Ehi, secondo me, così non stai facendo bene…”
In un mondo fasullo come quello in cui viviamo, legato all’apparenza e alle formalità, dove la schiettezza spesse volte è usata come arma impropria io sogno un luogo dove chi merita possa dar sfoggio di sè, dove il bello sia di moda solo perchè associato al buono e al pulito, non per altro. Chiedo troppo?
Nàima Tomaselli
Vicedirettore di questa rivista nonché blogger, giornalista, laureata in comunicazione, parlo di food ma non solo; recensisco locali ed eventi, racconto di persone e situazioni su siti e riviste. Qui su Cavolo Verde – sperando di non essere presa troppo sul serio – chiacchiero, polemizzo, ironizzo, punzecchio e faccio anche la morale.
In sintesi? Scrivo – seriamente – e mi piace. Tanto.
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