Nella scorsa puntata abbiamo parlato dell’importanza della pesca a Monterosso e in particolare abbiamo accennato al fatto che la pesca più rilevante fosse quella all’acciuga. In questa puntata ce ne occuperemo più diffusamente.
Le acciughe salate erano chiamate u pan du màa, cioè “il pane del mare”, in quanto erano uno degli alimenti più poveri e a buon mercato, insieme al pane, al vino e all’olio. È interessante notare come invece oggi le acciughe salate di Monterosso siano uno dei prodotti più costosi sul mercato. Come la vendita del pescato nei paesi limitrofi, anche la salagione delle acciughe era un compito tipicamente femminile. Le acciughe salate venivano esportate persino in Piemonte e in Toscana, ma spesso erano i compratori a recarsi sul posto per acquistare il prodotto. La salagione si svolgeva in questo modo: le acciughe venivano riposte in contenitori di coccio detti “arbanelle”, in modo da formare strati alternati con una disposizione perpendicolare fra loro; tra uno strato e l’altro si metteva uno strato di sale grosso e infine si riempiva con la salamoia. In cima, veniva posto un coperchio di ardesia e sopra di esso dei pesi che tenessero il tutto schiacciato. Talvolta, si cambiava la salamoia. In nessun caso le acciughe devono venire a contatto con acqua dolce o con ghiaccio.
Nel 2006 Slow Food aveva stabilito un presidio delle “acciughe salate di Monterosso”, rigorosamente pescate nel giusto periodo dell’anno da pescatori locali, con metodi tradizionali e nelle acque prospicienti le Cinque Terre.
La richiesta di mercato era però molto superiore alla disponibilità del prodotto “tradizionale”, quindi molto presto sono apparse nei negozi due linee di prodotto: accanto alle costose “acciughe salate di Monterosso” con Presidio Slow Food, altre “acciughe salate metodo Monterosso” senza Presidio Slow Food, pescate anche altrove e in altri periodi, più a buon mercato. La difficoltà di distinguere oggettivamente le une dalle altre ha portato Slow Food a ritirare il presidio nel 2009.
La normativa CE 853/2004 approvata dal parlamento europeo raccomanda il congelamento dei prodotti ittici a -20 °C per almeno 24 ore per eliminare il rischio sanitario dovuto alla possibile presenza di Anisakis, un parassita che può annidarsi nelle carni dei pesci. Il congelamento, per quanto previsto dalla normativa europea, è in contrasto con le tecniche “tradizionali” di preparazione, che non prevedono in nessun caso l’uso di ghiaccio, che secondo i locali rovinerebbe il processo di salagione. Per questa ragione, le acciughe salate in commercio, che hanno subito il congelamento previsto dalla normativa europea, sono considerate meno “autentiche” dai locali rispetto a quelle fatte in casa, salate senza previo congelamento, un prodotto che ovviamente non si può trovare sul mercato, ma si può acquistare solamente dai locali. Al momento, il disciplinare di riferimento è quello per le “Acciughe sotto sale del Mar Ligure” I.G.P.
Oggi la pesca, ancor più che l’agricoltura, ha perso molto terreno a vantaggio delle attività legate al mercato turistico. A Monterosso restano ancora pochissimi pescatori professionisti.
La mattina si possono acquistare i loro pesci nelle pescherie o in un paio di banchetti mobili per strada. Alcuni ristoranti ancora si vantano di acquistare il pesce fresco dai pochi pescatori locali rimasti, invece che prenderlo al mercato del pesce della Spezia. La pesca si è ridotta moltissimo a partire dalla fine degli anni Cinquanta, quando il valore del pesce ha iniziato a diminuire: le nuove attrezzature disponibili per la pesca hanno immesso sul mercato grandi quantità di pesce, abbassandone il prezzo, mentre i vecchi gozzi a remi non potevano competere con i pescherecci moderni. La varietà del pesce è molto diminuita negli ultimi anni, cosa che rappresenta un problema soprattutto per i pescatori dediti alla “piccola pesca”, mentre non incide più di tanto sul profitto dei grandi pescherecci che vanno al largo con le reti a strascico e che sarebbero i veri responsabili del depauperamento delle risorse ittiche. Dato che i pescatori locali non sono in grado di soddisfare da soli la richiesta di pesce dei ristoranti delle Cinque Terre, questi ultimi si rivolgono soprattutto al mercato del pesce della Spezia, rifornito appunto dai grandi pescherecci in grado di andare molto al largo e pescare grandi quantità di pesce.
Secondo alcuni degli ultimi pescatori di Monterosso, una parte di responsabilità della crisi della pesca tradizionale sarebbe da imputare all’istituzione dell’Area Marina protetta, che ha tolto la possibilità ai pochi pescatori rimasti di pescare nelle zone migliori (che coincidono appunto con la zona A dell’Area Marina, la “riserva totale”).
I pescatori di Monterosso non pescavano solo le acciughe in estate: benché la pesca all’acciuga fosse un’attività importante, costituiva solo una parte del profitto dei pescatori, i quali pescavano durante quasi tutto l’anno. Durante i mesi più freddi si pescava più sotto costa, in quella che oggi è la Zona A dell’Area Marina protetta, la “riserva totale” dove non è consentita la pesca. I pescatori locali si sono sentiti esclusi dal processo decisionale che ha portato all’istituzione dell’Area Marina. Avrebbero voluto maggiori possibilità di pesca nella zona A dell’Area Marina, la “riserva totale”, ma si sono visti riconoscere le proprie richieste solo in parte, per la zona B, cioè quella che fa da cuscinetto fra la “riserva totale” e il resto dell’Area Marina. Anche se una parte delle richieste dei pescatori è stata accolta dalla Riserva Marina, è pur vero che l’impossibilità di accogliere in toto le richieste in questione ha di fatto disatteso le speranze dei pescatori.
Alcuni pescatori di Monterosso hanno avviato da alcuni anni un’attività di “pesca-turismo”, che consiste nel portare piccoli gruppi di turisti a pescare, mostrando loro come si svolge, o si svolgeva, la pesca tradizionale.
A seconda dei casi si può andare a ritirare i tremagli oppure a vedere una versione semplificata della pesca alla lampara. Dato che i turisti pagano per partecipare alla pesca, potremmo ben dire che spesso il ricavo ottenuto dai turisti paganti è superiore rispetto a quello ottenuto dalla vendita del pesce pescato. Possiamo considerare la pesca-turismo una performance in piena regola in cui si mette in scena la pesca tradizionale per un pubblico di outsider, per rappresentare uno dei principali aspetti dell’identità locale, ovvero l’importanza della pesca come attività “tradizionale” (ovvero come attività che riveste un peso determinante nell’identità locale).
Il terzo sabato di giugno si svolge a Monterosso la Sagra dell’Acciuga, seguita poi da quella dell’Acciuga Salata il terzo sabato di settembre. Nella prima occasione si possono gustare le acciughe appena pescate, cucinate in vari modi secondo le tradizioni locali, nella seconda invece, le prime acciughe salate disponibili. Entrambe le sagre sono occasioni per promuovere i prodotti locali e soprattutto gli esercizi commerciali, che preparano banchetti sulla strada in cui vendono i loro prodotti. In abbinamento alle acciughe non mancano mai il Vino Cinque Terre e assaggi di piatti tipici come ad esempio il panfritto o la torta di riso. Due occasioni da non perdere per gustare il meglio dell’enogastronomia locale.
Photo by Fabio Santaniello Bruun on Unsplash
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Le acciughe salate erano chiamate u pan du màa, cioè “il pane del mare”, in quanto erano uno degli alimenti più poveri e a buon mercato, insieme al pane, al vino e all’olio. È interessante notare come invece oggi le acciughe salate di Monterosso siano uno dei prodotti più costosi sul mercato.
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Monterosso è l’unica Cinque Terre ad avere lunghe spiagge. Se oggi questo garantisce a Monterosso una vocazione turistica balneare, un tempo permetteva agli abitanti un’attività di pesca altrettanto importante dell’agricoltura basata sui terrazzamenti, dato che le barche potevano essere tirate in secca sulle spiagge e le reti potevano esservi messe ad asciugare. La pesca più importante fra tutte era la pesca all’acciuga.
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Si tratta di un vino passito con gradazione alcolica di almeno 13,5°, giallo dorato con riflessi ambrati, dal profumo intenso passito con note di miele, dal sapore dolce e abboccato, con retrogusto mandorlato.