Oggi parliamo di lusso, quello vero. Quello che non deve essere confuso con la ricchezza, intendiamoci.
Lo spunto di riflessione sono il Chable’ Resort and spa, situato in Chochola’-Yucatan, premiato, fra l’altro, come hotel più bello del mondo col Prix Versailles 2017 e il ristorante interno alla struttura, il Ixi’im.
Ho domandato a Rocco Bova (general manager del resort, un italiano, che orgoglio!) e a Luis Ronzon (executive chef di Ixiim), cosa significhi per loro il lusso, cosa significhi gestire realtà legate al lusso, quale sia il lusso richiesto da clienti che non abbiano problemi economici.
Entrambi, secondo le loro competenze, mi hanno fornito la stessa risposta: il lusso è il prendersi cura di sé, capire il valore aggiunto della bellezza dell’ambiente e degli alimenti, tutto per migliorare se stessi e spesso ritrovarsi.
L’hotel e il ristorante sono legati a filo doppio da questo concetto, è impressionante l’armonia che si riscontra fra le due realtà dell’accoglienza pura e della ristorazione.
Nell’hotel non troverete rubinetti d’oro, quelli no, quelli basta comprarli, basta avere i soldi, troverete però un ambiente pensato per far godere gli ospiti dell’armonia del bello, anche nella ricerca dei particolari più piccoli, nella assoluta professionalità, nella discrezione attenta, nella tutela dell’ambiente e nel recupero della storia di un luogo.
Lo spirito della struttura è proprio quello, le camere e le ville elegantissime dell’hotel vero e proprio sono tecnologicamente complete e dotate di tutti i comfort possibili (ancora penso a una cabina armadio grande come la mia sala da pranzo, con parete trasparente direttamente sul giardino privato, tenuto a giungla) ma immerse nella natura, con piscine private anche costruite intorno ad antiche rovine; l’arredamento e il menù del ristorante sono improntati a far sentire il cliente immerso nella natura del luogo; il tutto in un’ottica di totale presa in carico del cliente, in ogni momento della giornata.
Non a caso, appena arrivata in hotel, mi è stato subito offerto un centrifugato di spinaci, uva, kiwi, un modo gentile per darmi il benvenuto con un cocktail insieme buono e salutare.
Nel ristorante non troverete facili strizzate d’occhio alla moda e ad alimenti con nomi altisonanti, anche questi facili da comprare se ci sono i soldi sufficienti, troverete un ambiente raffinatissimo ma rilassante, assolutamente in linea con la natura che lo circonda: è un vecchio casale ristrutturato con grandi vetrate sul parco, le stoviglie sono spesso confezionate da artigiani locali.
Lo chef Luis Ronzon, 35 anni ma con alle spalle un passato importante di esperienze significative, fra l’altro, in Noma e in Quintonil, chef che potrebbe definirsi “arrivato”, mi ha invece parlato di rispetto per le persone e di gara con se stessi per migliorare sempre e comunque.
Mi ha parlato della sua ricerca degli ingredienti migliori, principalmente a km zero (i formaggi derivano da fattorie della zona, i vegetali direttamente dall’orto del ristorante, tenuto con il metodo Maya su strutture sopraelevate) ma anche di provenienza da altre zone, l’importante è per lui l’eccellenza di ciò che propone.
Mi ha parlato di ricette leggere, con le quali il sapore e l’aroma naturali degli alimenti possano essere valorizzati; mi ha parlato del patrimonio delle ricette tradizionali yucateche da cui attingere sempre nuovi spunti culturali.
In sostanza, mi ha parlato del lusso del mangiare cibi confezionati con amore, passione e cultura, lusso che non ha nulla a che fare con il costo dell’ingrediente, a riprova di ciò si è diffuso molto sul valore aggiunto di una buona cipolla, di un’erba fresca, di una ricotta ancora tiepida.
Il concetto è stato trasfuso nelle ricette del menù, leggere, saporite, con evidenti rimandi culturali allo yucatan e al Messico, eccezionali nella tecnica della realizzazione.
Lusso quindi come rispetto di sé, degli alimenti, dell’ambiente in cui viviamo. Il lusso alla portata di tutti.
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